BARRAFRANCA – Nuove indagini per accertare le cause della morte di Calogero Tropea 13 anni, spirato nel reparto di rianimazione dell’ospedale «Umberto I» di Enna il 6 settembre 2015, per una “sospetta puntura di zecca”. Per la vicenda sono indagati due medici in servizio al reparto di Rianimazione dell’ospedale ennese, Michele Politi e Emilia Concetta Lo Giudice, con l’ipotesi di omicidio colposo e negligenza. Ma il colpo di scena con le muove indagini è arrivato con l’ordinanza del Gip Vittorio La Placa che ha accolto l’opposizione all’archiviazione del procedimento, presentata dall’avvocato Angelo Tambè che rappresenta i genitori di Calogero, con un’ordinanza con la quale dà indicazioni al Pm per le nuove indagini.
Il Gip, come richiesto dalla famiglia Tropea sulla base delle indicazioni fornite dal consulente di parte, ritiene necessario che vengano esaminati i reperti istologici da uno specialista con l’utilizzo di strumentazione elettronica per individuare e identificare l’eventuale virus che avrebbe ucciso il ragazzo.
Secondo il medico legale Cataldo Raffino incaricato dalla Procura, la causa della morte è da ricondursi a “cessazione irreversibile del ritmo cardiaco in soggetto in scompenso multiorgano da stato di coma grave per meningoencefalite primaria letale causata dal morso di una zecca” e su questa scorta era stata chiesta l’archiviazione. Tuttavia l’avvocato Tambè si era opposto obiettando che il risultato a cui giunge il consulente della Procura è solo una ipotesi sostenuta dalla letteratura scientifica, ma il consulente del Pm non ha dato certezza sulle cause che hanno provocato l’encefalite.
I risultati dell’Istituto superiore sanità di Roma, richiesti dallo stesso consulente del Pm, precisano che le analisi non hanno rilevato gli anticorpi specifici per il virus e che il risultato non indica una infezione da zecca, associabile alla patologia. Inoltre sul corpo del ragazzo non era stata rilevata alcuna puntura riconducibile al morso di zecca.
Calogero si era spento dopo 5 giorni di ricovero durante i quali ad Angelo Tropea e Giuseppina Drogo, il papà e la mamma del ragazzino, non venne data una diagnosi certa su cosa uccise il figlio.