Secondo il calendario cinese, oggi (ieri per chi legge ndr) è Capodanno: comincia l’anno del Coniglio. Capodanno variabile, perché, al contrario di quello occidentale, quello orientale cambia ogni anno, oscillando tra il 21 gennaio e il 19 febbraio, in quanto la data deve coincidere con la seconda luna nuova dopo il solstizio d'inverno. Un po’ come la nostra Pasqua, che cade la domenica successiva al primo giorno di luna piena dopo l’equinozio di primavera. Come che sia, dopo la tigre e il drago, quest’anno tocca al mite leporide improntare di sé l’anno per un quarto della popolazione mondiale.
Ora, per gli astrologi del fu Celeste Impero, il coniglio simboleggia l’ambizione, l’educazione, la riservatezza e, naturalmente, la fortuna. Chi è nato in quel segno è di animo gentile, tranquillo, responsabile, difficilmente si perde d’animo e insiste, finché non trova una soluzione. Se ci pensiamo bene, pazienza, perseveranza e fortuna sono proprio le componenti che hanno consentito il recente arresto, avvenuto dopo oltre 30 anni di latitanza, di Matteo Messina Denaro, boss di Castelvetrano, ritenuto l’ultimo padrino di Cosa Nostra.
Ma da sole, aggiungeremmo noi, attenzione, scrupolo e buona sorte non bastano per raggiungere l’obiettivo: occorre che chi le pratica sia fornito della qualificazione e degli strumenti necessari per adempiere al proprio compito. Ecco allora che le parole, pronunciate dagli inquirenti e dagli investigatori dopo la cattura, sulla irrinunciabile funzione di controllo e garanzia delle indagini in capo al pm e sulla necessità di avvalersi in modo calibrato e sapiente dello strumento delle intercettazioni, acquistano un significato pregnante, non accantonabile con qualche slogan raffazzonato.
Campo delicato e complesso, quello della natura e delle funzioni del pm, che non può essere ridotto a semplice avvocato della polizia, laddove invece l’orientamento delle tecniche e degli obiettivi investigativi in capo ad un organo indipendente dalla politica consente una ampiezza e una efficacia delle indagini altrimenti inconcepibile all’azione delle forze dell’ordine che dalla politica dipendono strutturalmente. Ma delicato e complesso è parimenti il tema delle captazioni tecniche, che involge la gestione, nell’era del digitale, di eccezionali masse informative. Ciò pone – è innegabile – la necessità di rigoroso governo di tali strumenti investigativi, che coinvolgono diritti fondamentali. Dunque, tocca al legislatore tracciarne i confini. Ma senza dimenticare che oggi le mafie parlano innanzitutto il linguaggio della corruzione e delle frodi fiscali, fungendo da saldatura di interessi eterogenei; che la parte più succulenta delle conoscenze sul crimine mafioso nascono da indagini su fenomeni di riciclaggio, corruzione e frode fiscale, dei quali le mafie sono assi portanti.
In questa ottica, per venire al punto dolente, il virus informatico, il trojan per intenderci, costituisce uno strumento necessario. Il suo uso va disciplinato e perfezionato in tempi e modi che attengono alla responsabilità politica, ma senza precluderci, per ignoranza, miopia o peggio, la possibilità di contrastare efficacemente le forme di fiancheggiamento amministrativo e istituzionale della criminalità mafiosa che integrano le remore più cospicue allo sviluppo del nostro Paese. Nell'anno del Coniglio e nella stagione del Pnrr, se non vogliamo perdere risorse fondamentali per la ripresa, non possiamo permetterci che la nostra credibilità venga incrinata dal sospetto dell’Europa che una parte delle risorse finanziate dalla tassazione di cittadini e imprese di altri Paesi finiscano nelle mani delle mafie o nei mille rivoli della corruzione.
* Procuratore aggiunto della Repubblica di Catania