È sempre più evidente che il sistema migliore per assicurare un futuro ai giovani passi dalla formazione, dall’addestramento alla ricerca, dalla competitività. Per raggiungere traguardi importanti nel campo professionale e rendere competitive le migliori intelligenze, nell’ultimo ventennio, in diversi contesti territoriali del Paese, traendo ispirazioni da modelli formativi d’eccellenza storicamente consolidati (Normale e S. Anna di Pisa, ad esempio), le Università italiane hanno dato vita a Scuole concepite come contesti ideali dove accrescere giorno dopo giorno, esperienza dopo esperienza, la formazione di giovani che decidono di intraprendere una corsia formativa ad alta velocità. In questo quadro, si inserisce anche la Scuola Superiore dell’Ateneo di Catania di cui ho assunto da pochi giorni la guida e che nel 2023 festeggerà 25 anni di vita.
La Scuola, così come fu pensata nel 1998, nasceva con una missione chiara che, oggi, in questa fase post pandemica, ritorna con forza alla ribalta: recuperare e rafforzare la complessità dei saperi, nella consapevolezza che al centro di ogni azione deve esserci lo studente, l’allievo che da quel sistema di conoscenze e di esperienze interdisciplinari desidera apprendere il massimo e coglierne i frutti migliori da usare per il proprio futuro.
È questo, dunque, il leit-motiv che alimenta oggi la ripartenza della Scuola Superiore di Catania in questa fase di ristrutturazione globale che vede cambiare, con velocità sorprendente, tantissime cose: dalle modalità di fare didattica a quelle di strutturare progetti sulle rovine di un presente lacerato dalla pandemia, fino al ripensamento di strategie per l’organizzazione della ricerca, per chiudere, infine, con la missione di trasformare la conoscenza acquisita in valori, anche economici, immettendosi così dentro il tessuto territoriale in cui si opera. Oggi, è senza dubbio questa la chiave per una nuova ripartenza e, direi anche, riscrittura della missione di una Scuola Superiore di Alta Formazione che vuol porre al centro di tutto l’allievo e far ruotare attorno a lui contenuti al passo con le esigenze della contemporaneità, e progettualità che lo aiutino e lo fortifichino nella crescita.
Per fare tutto questo, a fianco delle risorse finanziarie, pur sempre indispensabili per fare andare avanti la macchina, serve avere idee chiare, progetti concreti da cantierare e risposte certe da dare agli allievi che accedono alla straordinaria struttura di Villa San Saverio.
Diventa semplice, così, immaginare il contesto della Scuola Superiore oggi, usando le definizioni che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, scritto dal Governo, sta utilizzando per farci comprendere a chiare lettere che è ormai superata l’epoca del singolo o dei singoli chiusi in torri d’avorio inespugnabili fatte di saperi e conoscenze autoreferenziali e che, invece, è giunto il momento di unire tutte le forze e le competenze possibili attorno a un “hub” aggregante.
Ecco, allora, la mia idea di Scuola Superiore oggi: un “hub” infrastrutturale offerto da una prestigiosa residenza che ospita oltre 90 allievi, con opportunità enormi negli spazi d’ogni genere, con una governance d’Ateneo che traccia la visione strategica d’insieme e un sistema di raggi rappresentato da noi docenti ma soprattutto dagli allievi, ciascuno dotato di una propria storia, formazione, competenza, determinazione, creatività, entusiasmo, pensiero critico, senso del dovere, necessari per diventare protagonisti del futuro.
Ma perché tutto funzioni serve che saperi, idee, progetti, visioni e politiche si incontrino con il territorio e le istituzioni; serve – ed è questo di certo il nostro compito – ripensare la configurazione di una struttura che, in modalità smart, apra le porte del sapere, accolga anche allievi di altre Scuole, italiane ed estere, progetti e faccia ricerca, abiliti i nostri allievi, in corso e alumni, ad essere testimoni per chi verrà dopo, offrendo occasioni di crescita e proiezione della nostra terra.
L’Università ha diverse funzioni: è territoriale, è imprenditrice, è azione politica, è punto di riferimento per una valorizzazione dei territori; è, insomma, il contesto ideale dove prende forma l’idea che poi finisce sul mercato, è il luogo dove industria e scienza si incontrano in nome di un’unica cultura che fa da guida. E non è un caso che la cultura nella sua globalità di visioni e temi è oggi sempre più vista, in tutti i continenti, come la via principale per innovare, generare cambiamenti ed affrontare ogni genere di sfida, dalla coesione sociale, al benessere, alla sostenibilità.
Smettiamola, allora, una volta per tutte di giocare a frammentare saperi in mille rivoli o di contrapporre la cultura umanistica a quella tecnica in nome di emergenti professionalità che – rischiamo sempre di dimenticarlo – per essere sostenibili hanno assoluto bisogno di salda conoscenza di base, anche e soprattutto umanistica.
La Scuola Superiore di Catania è oggi consapevole di tutto ciò e si ritiene adesso pronta a disegnare una strategia vincente per costruire un futuro per i nostri ragazzi pensato sin dal loro ingresso in sede in forma quanto più competitiva possibile. Condivisione, co-progettazione, co-creazione e responsabilizzazione dell’allievo sono le armi vincenti per affrontare la loro crescita, professionale ed umana.
La scelta del rettore Francesco Priolo di affidare la presidenza della Scuola a un umanista va, come immagino, letta lungo una direzione ormai chiara e che già i piani strategici nazionali ed europei e ora anche il Pnrr riconoscono come decisivi per la costruzione del futuro post-pandemico, nostro e delle giovani generazioni. Occorre, per finire, che prenda il via da subito il gioco di squadra della Scuola con il suo team gestionale, i coordinatori delle aree, i suoi docenti ed allievi, stimolando una rivalutazione e una migliore percezione da parte della politica, regionale e nazionale, che, cogliendo sforzi e missioni intraprese, programmi con determinazione gli investimenti.
* Presidente Scuola Superiore Università di Catania