Qualità della vita, noi e il Nord: ma davvero quei numeri bastano a fare la statistica?

Di Rosario Faraci* / 21 Novembre 2024

Giunta alla XXVI edizione, l’indagine sulla qualità della vita del quotidiano economico-finanziario Italia Oggi assegna a Caltanissetta l’ultimo posto (107°) nella graduatoria generale, in cui le province di Milano, Bolzano e Monza/Brianza occupano invece le prime tre posizioni, mentre tutte le siciliane sono nel gruppo delle peggiori: Ragusa (87°), Trapani (92°), Enna (97°), Catania (98°), Palermo (100°), Siracusa (102°), Messina (103°), Agrigento (105°).

L’indagine, coordinata dal ricercatore di Statistica economica Alessandro Polli (Università La Sapienza di Roma) con i dati messi a disposizione dalla società privata di consulenza Prisma, di proprietà dell’imprenditore informatico Salvatore Ribaudo, utilizza la piattaforma MIG (Modulo Informativo Geografico) e l’algoritmo CIB, costruito dal 2017 – così è scritto sul sito aziendale – «con nuove tecniche di statistica multivariata per il calcolo della struttura di ponderazione adottata per la costruzione dell’indicatore composito finale».
Bene, è proprio l’indicatore composito finale – di cui non si conosce la metodologia di calcolo perché non esistono pubblicazioni censite sulle banche dati bibliografiche né sul sito è spiegato come si arrivi a determinarlo – a decretare che Milano è la più vivibile delle province italiane, mentre Caltanissetta è la peggiore. Con tutte le implicazioni mediatiche del caso, dato che – al Tg1 serale – il sindaco di Milano Giuseppe Sala si è mostrato gongolante per il primato, come quando l’Inter o il Milan vincono il campionato di calcio, mentre il suo collega di Caltanissetta, Walter Tesauro, era costretto in modo affannato, e per giunta senza il beneficio dell’intervista giornalistica ma solo con un video in verticale effettuato con lo smartphone, a dover trovare giustificazioni per la bocciatura.

L’eco social è stata imbarazzante

L’eco sui social è stata più imbarazzante di quella mediatica. Era già successo qualche settimana fa con la graduatoria del Sole 24 Ore sugli ecosistemi urbani (in collaborazione con Legambiente) dove Catania è precipitata all’ultimo posto, ma ogni qualvolta viene fuori una classifica del genere, il pubblico si trasforma in una pletora di tifoserie opposte da curva allo stadio. Dove la falange più agguerrita è quella dei detrattori, che non aspettano altro se non la pubblicazione dei dati per gridare sul proprio profilo social: «Vedete, è come dicevo io, Catania è uno schifo, altro che città vivibile!». E giù una sfilza di commenti, ancor più imbarazzanti del feed, perché molte volte ti imbatti anche in quelli di pancia proferiti da stimati intellettuali che non fanno mancare il loro «alè, oh oh».

La realtà dei numeri

Torniamo alla realtà dei numeri e a come Italia Oggi, con gli esperti a cui si è rivolta, li ha messi in fila.
L’indicatore composito finale è il risultato di nove dimensioni, 15 sottodimensioni, 93 indicatori di base ricavati dalle fonti principali. Le 9 dimensioni sono: affari e lavoro; ambiente; istruzione e formazione; popolazione; reati e sicurezza; reddito e ricchezza; sicurezza sociale; sistema salute; turismo, intrattenimento e cultura.
Come sono ponderate le varie dimensioni sull’indicatore composito finale non è spiegato, ma non ci vuole molto a capire che il giudizio sulla qualità della vita di Italia Oggi è molto sbilanciato sulle voci Affari e Lavoro nonché Reddito e Ricchezza, dove Caltanissetta in entrambe è al 106° posto. Perché, invece, alla dimensione Reati e Sicurezza Caltanissetta è all’80° posto, mentre Milano è al 106°; mentre per Sistema Salute, la provincia nissena è 13° in Italia, con quella meneghina al 6° posto.
O forse, pesa di più il fatto, che Caltanissetta – come tante altre province del Sud (Napoli 99°, Palermo 100° e Catania 101°) – è agli ultimi posti alla voce Istruzione e formazione per via dell’incidenza della povertà educativa, dell’abbandono scolastico e dell’elevato numero dei NEET? Se fosse questo il vero indicatore di qualità della vita urbana, allora bisognerebbe ridenominare la graduatoria, ma probabilmente basterebbero già le indagini ufficiali della Commissione Europea, e non quelle di un istituto privato, per attestare la vera piaga sociale del Sud, insieme all’emigrazione che non è solo mobilità ma una vera e propria fuga di talenti giovanili.

E invece?

Ed invece, siamo lì. Con i tifosi che attendono la prossima graduatoria per sentenziare dalla tastiera del pc che quaggiù si vive male, o forse no, si vive bene perché il sole c’è sempre, mentre a Milano c’è la nebbia. E che l’arancino o arancina di Sicilia sono autentici gioielli di rosticceria mentre nella città lombarda li chiamano a malapena supplì.

*giornalista pubblicista, insegna Principi di Management all’Università degli Studi di Catania

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Pubblicato da:
Fabio Russello