Occupazione sicura con le lauree Stem (e la domanda supera ancora l’offerta)

Di Rosario Faraci / 06 Luglio 2024

Laurearsi conviene. Se qualcuno avesse ancora il dubbio che sia inutile il titolo rilasciato dalle Università, al termine di una triennale o una magistrale, basterebbe dare un’occhiata all’ultimo University Report 2024 dell’Osservatorio Job Pricing, presentato in anteprima nei giorni scorsi in un webinar al quale abbiamo avuto occasione di partecipare.

L’indagine, condotta e aggiornata annualmente, evidenzia tre importanti elementi collegati al conseguimento del titolo accademico: l’ottenimento del primo impiego, la progressione di carriera e l’aumento retributivo. Quanto più elevato è il titolo conseguito, ad esempio laurea più master o dottorato, tanto più elevato sarà il tasso di occupazione: 85,6% entro 3 anni dalla laurea, 88,1% entro 5 anni.

Il report di Job Pricing analizza il contesto formativo che vede l’Italia indietro rispetto a tanti altri Paesi del mondo occidentale e dell’Europa. Ci sono ancora pochi laureati in rapporto alla popolazione giovanile (25-34 anni): 29,2%. La transizione dalla scuola superiore all’Università non raggiunge neanche il 50%. Fra i laureati, per quanto stia crescendo considerevolmente il numero delle donne, è ancora bassa la percentuale femminile di lauree STEM, nelle discipline scientifiche. Quelle che, in base alle evidenze disponibili, sono necessarie per svolgere lavori e professioni fortemente richiesti da aziende ed organizzazioni. Il 94,4% di chi ha una laurea STEM trova occupazione, chi vuole assumere invece fatica a trovare laureati.

Laurearsi dunque conviene. Sia economicamente che dal punto di vista della carriera. Laurearsi nelle discipline STEM assicura poi differenziali retributivi migliori rispetto ad altri percorsi. La RAL media di un laureato in ingegneria gestionale è di 35.822 €. Laurearsi, poi, in alcuni Atenei, ad esempio i Politecnici di Milano e Torino, garantisce stipendi e carriere ancor più interessanti.

Il report dedica una sezione alla valutazione del tempo in cui si recupera, in media, l’investimento in istruzione universitaria, il cosiddetto payback. Ovvero, una volta entrati nel mondo del lavoro, quanti anni per ciascun Ateneo sono necessari per ripagarsi interamente il costo degli studi universitari e il mancato introito di un possibile lavoro durante gli studi.

Se il payback delle lauree nei Politecnici è più ridotto rispetto ai titoli di studio conseguiti altrove (12,2 anni a Milano e 13,2 a Torino), è interessante però notare che, considerando i costi aggiuntivi sostenuti dai fuori sede, i tempi medi di rientro dell’investimento non sono poi così distanti da quelli necessari agli studenti in sede per ripagare i soli costi universitari.

La forbice economica si riduce fra i laureati in sede delle Università meridionali e quelli fuori sede che conseguono il titolo negli Atenei settentrionali. Nel calcolo, infatti, va considerata l’incidenza del maggior costo della vita in alcune grandi città, come Milano, Torino o Bologna, nonché la lievitazione degli affitti, specialmente dopo il Covid.

In altri termini, se sei fuori sede e studi in una Università del Nord che sul piano delle opportunità lavorative è di maggior appeal rispetto a un Ateneo del Sud, devi considerare pure che solo accedendo a professioni ben pagate il payback dell’investimento universitario si ridurrà. Altrimenti, come spesso accade, non basterà il primo stipendio per vivere dignitosamente nelle grandi città e le famiglie, soprattutto quelle meridionali, saranno costrette a rimpinguare le finanze dei figli, pur di vederli tornare a casa per le vacanze.

Per quanto riguarda le Università siciliane, i tempi di payback sono: Catania, 16,1 anni per chi si laurea in sede e 18 anni per i laureati fuorisede; Messina, rispettivamente 16,6 e 18,2 anni; Palermo, infine, 16,8 e 18,7 anni.

In ultimo, una domanda. Ripaga lavorare senza iscriversi subito all’Università oppure farlo durante gli studi? A breve, potrebbe magari convenire per due motivi: i differenziali retributivi fra laureati al primo impiego (32.687 € di RAL) e non laureati (26.617 €) non sono all’inizio così marcati; si fa esperienza che poi di norma è gradita al primo vero importante colloquio post-lauream.

A medio-lungo termine, stante la mancata flessibilità del mercato del lavoro italiano, questo doppio ruolo non sempre conviene. Nella maggior parte dei casi, ritarda i tempi alla laurea e non assicura quel salto in avanti che solo il “pezzo di carta” può garantire. Più 45% in busta paga, che fa la differenza rispetto a chi è solo diplomato.

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