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L'intervento

L’etica del processo: il confronto vero antidoto ad una giurisdizione fredda e burocratica

Esiste un solo unico modello etico irrinunciabile di magistrato, quello di chi giudica senza orgoglio valutativo, libero da pregiudizi

Di Maria Grazia Vagliasindi |

La recente riflessione dell’avvocato Enzo Trantino, sul tema, centrale per la giurisdizione, della rilevanza della dialettica nel processo, ha sollecitato in me alcune ulteriori riflessioni soprattutto in un momento storico che registra la massima sfiducia, se non diffidenza, della comunità sociale nei confronti della magistratura.

Posso affermare con sicura consapevolezza, per la mia lunghissima esperienza esistenziale di magistrato del settore giudicante, che nel tormentato itinerario conoscitivo che precede la decisione di ogni giudice apporto infungibile è stato il dialogo delle contrapposte ragioni e, prima della solitudine decisionale, l’ascolto umile da parte del giudice della voce della difesa.Il confronto è il vero antidoto ad una giurisdizione fredda e burocratica indifferente alla dimensione valoriale della posta in gioco del processo.Se vero è , infatti, che il processo è il luogo elettivo della ricerca della verità processuale vero è anche che in questa ricerca tutti i magistrati, giudici o pubblici ministeri, sono e devono essere accomunati da un’unica tensione ideale quella di rendicontare le proprie scelte con motivazioni razionali e come tali accettabili perché persuasive.

Esiste un solo unico modello etico irrinunciabile di magistrato, quello di chi giudica senza orgoglio valutativo, libero da pregiudizi e sostenuto dalla sola a ansia che non vulnera l’equilibrio del giudice, quella di giustificare la scelta decisionale con una motivazione logica, formalmente ineccepibile perché ossequiosa della legge ma soprattutto fedele al testo del processo e alle contrapposte argomentazioni delle parti.Il tema della giustizia è inesorabilmente un tema valoriale e, come tale, etico, perché al centro del processo ci sono relazioni umane ed è la vicenda umana che il giudice deve penetrare al fine di rendere, alla fine dell’itinerario giudiziale, il conto delle propria gestione, così accreditando l’efficacia della risposta giurisdizionale e la credibilità della funzione giudicante tanto raccomandata da Rosario Livatino.In uno Stato democratico parametrato ai principi costituzionali è esigibile la chiarezza impeccabile del linguaggio delle motivazioni dei giudici, quale riscontro e riflesso dell’etica decisionale.A tale chiarezza concorre nei giudizi sia civili che penali una difesa tecnica illuminata co-garante insieme alla magistratura di un giusto processo che tale non può essere senza rispetto per la dignità della persona.La sfiducia scettica nei confronti del potere giudiziario è tuttavia fattore che indebolisce le garanzie perché soltanto una magistratura competente e indipendente sostenuta dalla dialettica vigile di una sapiente avvocatura potrà continuare nel suo faticoso compito di custode del giusto processo.Il potere legislativo dovrà, dal canto suo, evitare l’eccesso e l’oscurità della normazione al fine di preservare l’intera comunità dal peso di errori fatali per la giustizia.

Maria Grazia Vagliasindi, già presidente della Corte di Appello di CaltanissettaCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA