IL RICORDO
L’addio a Enzo Trantino: un punto di riferimento che mancherà a tutti, anche a chi lo ha contrastato
Quanto mancherà Enzo Trantino a questi giorni poveri di idee e ricchi di nulla lo si scoprirà lentamente ma inesorabilmente e lo comprenderà pure chi gli è stato distante
Quanto mancherà Enzo Trantino a questi giorni poveri di idee e ricchi di nulla lo si scoprirà lentamente ma inesorabilmente e lo comprenderà anche chi gli è stato distante. Quanto ci mancherà Enzo, dopo averlo visto immobile sul suo letto, lo sappiamo già, insieme con tutti coloro che hanno avuto il privilegio di conoscere l’Uomo prima che il principe del Foro e il politico. Arguto, raffinato, disponibile, sensibile, diretto mai obliquo, caloroso mai algido, affabile, empatico, ironico, oh quanto era ironico, dotato di un sense of humour che neanche uno snob londinese, altro che un figlio di Licodia Eubea, suo amato paese. E ancora: lucido, coerente, sincero sino a essere tranchant. Chi ha qualche altro aggettivo da suggerire per uno di quei pezzi che si spera di non scrivere mai?
Enzo “uno” e “centomila”. Mai “nessuno” perché non è mai stato impalpabile. Non gli riusciva di essere banale neanche a volerlo essere, neanche quando i passi sicuri cominciavano a farsi passetti incerti. La mente, quella non ha mai ceduto.
Le vie del giornalismo sono anche sdrucciolevoli, scivolose, impietose. Soprattutto, però, sono vie bellissime, piene di luce ché ti portano ad avvicinarti a chi non pensavi potesse diventare addirittura un amico, laddove l’amicizia è il sentimento più nobile se disinteressato e spontaneo, di qua un ex giovane cronista reduce da sbronzate sinistrorse che aveva scritto con professionale distacco «dell’on. Trantino», di là l’uomo della Destra orgogliosa e non nostalgica. Così l’“on” e l’“avv” poi diventa magicamente “Enzo”. La dovuta deferenza che diventa reciproca confidenza. «Ricorda: anche se ora sei il mio direttore tu per me resti Antonello e basta». Prendersi per il culo e riderne: «Principe ciao, scrivi un pezzo su…?», senza mai specificare se con quel termine, “principe”, si volessero ricordare le sue remote simpatie monarchiche o il mastro in toga, il faro per diverse generazioni di avvocati. L’“amicizia adulta” – come l’abbiamo definita insieme, chi scrive queste righe asciugandosi gli occhi e lui che sapeva che l’avremmo scritto – questo tipo di amicizia ha questo pregio ulteriore, oltre che la purezza e la complicità: lega persone diverse, rende più saggio uno e più irriverente l’altro.
Ma la memoria di Enzo Trantino non è un fatto personale o professionale. Non può esserlo. Deve essere memoria collettiva. Con lui perde un punto di riferimento anche chi lo ha contrastato per le sue idee politiche non riuscendo mai a scalfirne l’integrità, il rigore, anzi dovendo riconoscergli queste virtù e la statura. S’impoveriscono le aule di giustizia, nelle quali riecheggerà il suo eloquio impareggiabile, la sua sottile ironia infilata anche tra le pieghe dei codici. S’inaridisce, lo temiamo fortemente, anche Catania, città puttana, dall’animo commerciale nel senso che è capace di vendere anche se stessa al primo che passa e restìa a confrontarsi con i Grandi del pensiero – qualsiasi pensiero – perché in fondo piccina anche nei molti che si affacciano immeritatamente sul proscenio della vita pubblica. E anche noi, in redazione, ci sentiamo un po’ smarriti, privati dei suoi commenti, della sua puntuale e attesa “Lettera a me stesso” del lunedì. Non sarà sostituita da un’altra lettera: Enzo Trantino si nasce, non si diventa.
Ecco perché dalla rubrica telefonica non cancelleremo mai il suo nome. Pur sapendo che sul display non comparirà più “Trantino, Enzo”. Ciao, “principe”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA