«La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana».
Dove porre il limite tra la tutela e il rispetto del singolo e l’interesse e il rispetto della persona e della collettività? Quella che stiamo vivendo, se non fosse ancora chiaro, è una guerra, non è una calamità. È una guerra in cui palese e dichiarato è il nostro nemico e note le sue forze in campo: il Covid. È un conflitto che, solo nel nostro Paese, ha generato quasi 130.000 vittime e continua subdolamente a mieterne anche oggi. Lo fa nella distrazione generale di una collettività che ha bisogno di ritrovare i ritmi di una vita normale e lui, il nostro nemico, il Covid, si adatta e punta a vincere la guerra. Contrariamente al clamore dei numeri della prima fase, oggi miete poche vittime ma costantemente e ogni giorno, in attesa di capire se e quando sarà in grado di sferrare il colpo finale.
Il pericolo più grosso delle varianti è quello che il virus possa mutare in un ceppo resistente ai vaccini e questo ci riporterebbe nel baratro. È un paradosso: avere il rimedio, ovvero la vaccinazione di massa, e interrogarci sul perché e sul come questa stia rallentando. Come medico legale sono un convinto assertore da sempre, e i miei scritti sul tema lo testimoniano, del principio del consenso informato in medicina, della capacità e della forza della comunicazione tra medico e paziente per il successo della libera e consapevole adesione alle cure. Proprio perché sostengo in pieno questo principio, non posso esimermi dall’analizzare la particolare situazione storica che stiamo vivendo, e dal dire le cose come stanno, molto crudamente.
Due scenari si prospettano all'orizzonte ed entrambi partono da una premessa comune. La comune premessa è che la scelta di non vaccinarsi, così come quella di vaccinarsi, non rimane confinata alla sfera individuale del singolo soggetto, ma determina evidenti ripercussioni sul bene e sulle scelte dell’intera collettività. La campagna vaccinale ha un senso solo se di massa; solo se almeno l'80-90% della popolazione sarà vaccinata (e a livello mondiale) avremo la quasi certezza scientifica di arrestare la progressione del virus e di sconfiggerlo. È, peraltro, ormai evidente che chi è vaccinato non sviluppa una forma severa di malattia e che nei soggetti vaccinati l’infezione non determina pericolo di vita. Come ha detto il presidente del Consiglio Mario Draghi, muore chi non si vaccina e l’appello a non vaccinarsi è un appello alla morte. Come dicevo, dunque, si prospettano due scenari: o prevale il senso civico e di responsabilità collettiva di una consapevole e libera adesione alla campagna di vaccinazione di massa, o il virus sferrerà il suo ulteriore attacco globale e, allora, a suon di morti esponenziali, gli Stati saranno costretti a fare ricorso a quelle “disposizioni di legge” coercitive, ma costituzionalmente previste, che renderanno obbligatoria la vaccinazione contro il Covid. Se ci si pensa, è stato così per il green pass, quello che il Cts Sicilia già nell'aprile 2020 aveva prospettato definendolo «patentino sanitario».
Ma il vero tema da affrontare è cosa possiamo figurarci tra questi due scenari. In questa incerta terra di mezzo si riaffaccia lo spettro del lockdown, in un momento storico nel quale – dobbiamo avere il coraggio di dirlo – non possiamo più permettercelo, pur a fronte delle vite che lasceremo sul campo di battaglia. Non voglio essere frainteso, parlo da medico e senza volermi riferire a tutti gli altri articoli della nostra Costituzione che pure tutelano il lavoro, il benessere e l’economia del Paese. Mi riferisco, invece, alla prevenzione di una società di malati cronici gravi. Vogliamo comprendere cosa vorrebbe dire chiudere ancora asili, scuole e università? Come parametrare il danno da detrimento sociale, l’insorgenza di patologie psichiatriche, il livello di disadattamento sociale dei nostri bambini, costretti a vivere i primi anni di vita chiusi in casa, decontestualizzati rispetto a una vita sociale che, probabilmente, non sarebbero in grado di reggere? E che dire, poi, di tutte le cure negate o ritardate delle altre patologie croniche, dei programmi di screening, di follow up delle patologie tumorali? Questa volta, a differenza della prima, sarebbe un disastro e le vecchie strategie di contenimento, sebbene le uniche valide in assenza del completamento della campagna vaccinale, sarebbero un rimedio peggiore del male, ovvero dello stesso Covid.
* Medico legale, componente Cts Sicilia