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La ludopatia, qualcosa che supera il vizio e che si cura anche umiliandosi

Il nuovo scandalo delle scommesse dei calciatori milionari mette in risalto che la maggior parte delle patologie sono democratiche e non risparmiano ceto e condizioni economiche e che non si tratta di un vezzo o di un vizio ma di una condizione morbosa assimilabile all’utilizzo di droghe

Roberto Cafiso

24 Ottobre 2023, 15:47

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Il nuovo scandalo delle scommesse dei calciatori milionari mette in risalto alcune cose. In primo luogo che la maggior parte delle patologie sono democratiche e non risparmiano ceto e condizioni economiche. In secondo luogo, intimamente connesso al primo, che non si tratta di un vezzo o di un vizio ma di una condizione morbosa assimilabile all’utilizzo di droghe. Ciò sospende comunque ogni giudizio affrettato e rimanda al farsi curare. Da sempre i giocatori sono stati considerati, specie se facoltosi, scellerati o depravati, perché mettevano a repentaglio sul tappeto verde (oggi sulla rete) la propria stabilità economica e i propri affetti.

L’impulso patologico al gioco d’azzardo è descritto nel manuale internazionale dei disturbi psicopatologici (DSM 5) e comprende: un bisogno crescente di denaro per raggiungere l’eccitazione desiderata; l’irrequietezza a seguito degli sforzi vani di riduzione del gioco; ripetuti tentativi rivelatisi infruttuosi per controllare, ridurre o dismettere il gioco; pensieri incessanti sul giocare o puntare; emozioni negative incluse ansia e depressione; dopo la perdita il soggetto è spinto a riprovare; il mentire per nascondere l’entità del coinvolgimento con il gioco; mettere a repentaglio e perdere relazioni significative; contare sugli altri per procurarsi denaro.

I giovani sono molto colpiti da questo rischio che se trascurato conduce ad un vero e proprio craving di stampo drogastico.

Il gambling ovvero la ludopatia sono i sinonimi di questa sindrome appartenente all’area delle dipendenze patologiche. Una malattia, lo ripetiamo, a tutti gli effetti. Non tutti i giocatori sono compulsivi, nel senso che taluni hanno la voglia della scommessa per arricchirsi e si fermano quando lo decidono. Costoro sono insaziabili di denaro, anche se poi sovente finiscono col perdere il controllo e sperperare i propri soldi egualmente. Il giocatore patologico non gioca per vincere e anche se ciò succede non è rilevante per smettere, anzi. Ritiene di essere in un filone fortunato ed insiste. Non si scoraggia neppure se perde d’altra parte. Dovendosi rifare persevera. Il ludopatico in realtà gioca per puntare o scommettere, per l’eccitazione che dà quell’ ebbrezza fugace eppure intensa.

Sono stati studiati i cervelli dei giocatori d’azzardo con le neuroimmagini. Si è rilevato che nelle puntate si eccitano le analoghe zone cerebrali dei cocainomani. Si tratta in altre parole di una dipendenza assimilabile all’uso di droghe. Chi ne è affetto spesso vira verso questi consumi e può abusare di alcol. Un quadro patologico variegato ma semplice nella sua essenza. Certo sorprende che calciatori importanti, attorniati teoricamente dai familiari, dai dirigenti del club di appartenenza, dagli agenti e legali vari finiscano per rimanere da soli nell’incubo di un’affezione in grado di rovinargli il portafoglio, la vita privata, la carriera. Il prezzo della notorietà qui è irrilevante rispetto ai costi della malattia.
Dal gioco d’azzardo patologico ci si cura. Farmaci, psicoterapia, psico-educazione. Serve un addestramento a trovare alternative al piacere ed un auto limite rispetto all’impulso che diversamente prende il sopravvento. Inizialmente il paziente che si cura dovrà consegnare carte di credito, bancomat, carnet di assegni e tenere i contanti strettamente necessari alle piccole spese. Niente sale da giochi e consegna del pc ad un tutor che lo garantisca nell’utilizzo esclusivamente lavorativo. Va accettata questa piccola umiliazione che è pochissima cosa rispetto al rovinarsi la vita, gettando via il presente ed il futuro.
*psicoterapeuta, Dipartimento Salute Mentale Asp Siracusa