Cosa avrà visto in me il capo dello Stato, Sergio Mattarella, per concedermi l’onorificenza di cavaliere al merito della Repubblica? Ormai da 10 anni, da quando una pallottola mi colpì intaccando il midollo, trascorro le mie giornate a letto, e sempre più raramente, posso stare sulla sedia a rotelle. Non muovo braccia e gambe, ma per fortuna mi è rimasta la capacità di pensare e ragionare e, anzi, si è accresciuta la capacità di leggere nel fondo delle persone e delle cose.
Non lavoro e, negli ultimi anni, non sono riuscita più neanche a studiare. Però non mi sono mai arresa. Mi trovo a vivere come in un oceano in tempesta, con onde e fulmini che si abbattono da tutte le parti. Ma sono ancora qui a lottare. La mia forza non è solo nel mio coraggio di vita, che con gli anni si attenua. È anche negli amici che mi sono trovata accanto, nei miei familiari: mia madre, mia sorella, e nella fede in Gesù che in questi anni si è approfondita.
Mi sorprende il fatto che tanti mi dicano che la mia vita, povera e silenziosa, li sostiene e dà loro speranza. Non ho potuto fare molto per questa città e per il Paese. Posso solo vivere con dignità la mia sofferenza e offrirla al Signore.
Vorrei che le istituzioni locali mi fossero sempre vicine. Non chiedo nulla di eccezionale. Chiedo solo che assicurino a me, e a quanti sono nella mia condizione, l’assistenza ordinaria, nel quotidiano, giorno per giorno. Perché senza l’aiuto dell’operatore o dell’infermiere non posso vivere, non posso respirare. Solo questo chiedo.
E grazie a coloro che hanno organizzato la cerimonia all’Università: ho goduto a pieno di un paio di ore di libertà.