Il Giubileo non sia ridotto a consumismo religioso

Di Agatino Cariola / 21 Dicembre 2024

“come i Roman per l’esercito molto, 
l’anno del giubileo, su per lo ponte 
hanno a passar la gente modo colto,
che da l’un lato tutti
hanno la fronte verso ’l castello
e vanno a Santo Pietro; 
da l’altra sponda vanno verso ’l monte”.

A recuperare gli studi liceali, quelli riportati sono i versi in cui un disincantato Dante descrive nella prima bolgia dell’inferno le folle dei ruffiani e dei seduttori, tanti essi sono, allora come oggi. Insomma, a Roma in occasione del giubileo del 1300 misero addirittura le transenne sul ponte di Castel Sant’Angelo per regolare l’afflusso dei fedeli alla tomba di San Pietro, inventando il primo evento social in un medioevo che conosceva già intensi fenomeni di spostamenti di massa. In maniera quasi dissacrante Dante utilizzava l’immagine dei pellegrini a Roma per indicare le moltitudini dei peccatori.

Il professore di liceo raccontava pure che il Poeta manifestava una contraddizione personale, perché predestinò all’inferno Bonifacio VIII, l’inventore del giubileo o almeno quello che lo istituzionalizzò, ma lo stesso Dante ha citato così tante volte quell’evento da confermare di essere stato a Roma nelle vesti di pellegrino e poter raccontare quello che era pure un dettaglio organizzativo; soprattutto il Poeta collocò il suo viaggio nei regni dell’Aldilà proprio nell’anno giubilare. Anche per lui un’occasione di riflessione e di cambiamento.
Tanto il giubileo segna da allora la storia e i comportamenti sociali. Ancora oggi, in tutto il mondo dove è arrivato il cristianesimo nella versione cattolica ci si organizza al giubileo: si prepara ad un viaggio dedicato a Roma o, più semplicemente, ad una pratica religiosa in una delle chiese che sono indicate per acquistare l’indulgenza.

È da ammettere che il linguaggio è un poco … commerciale: come se si contrattasse direttamente con Dio. E questo urta la coscienza contemporanea, specie in quelle sensibilità che – anche nel mondo cattolico sulle orme di un Bonhoeffer – considerano la distanza tra l’uomo e Dio e rifiutano ogni idea di incasellare in schemi l’esperienza del sacro.

La Chiesa cattolica propone ai suoi fedeli molte pratiche di cambiamento personale o, come si dice, di conversione. Anzi, in un certo modo a parte del mondo cattolico si può rimproverare la banalizzazione degli strumenti di conversione: una cultura di massa che ha abbandonato la pratica cattolica, ma conserva grande indulgenza verso se stessi. Il che è la negazione della trasformazione personale che pur si richiede ad ognuno. Effetti della secolarizzazione. Mi piace ricordare che il giubileo è stato inventato da Mosè come programma sociale o politico. Nel Levitico, che completa la legislazione data sul Sinai, si prefigurava un contesto economico in cui ogni tribù ebraica otteneva una porzione della terra promessa ed ogni famiglia un terreno da coltivare. Il modello – che sarà ripreso ancora in epoca moderna: si pensi solo al progetto sturziano – era quello di una società in cui non ci fossero tante diseguaglianze, presupposto di una struttura piuttosto omogenea, senza la quale si assisterebbe a degenerazioni oligarchiche che dal campo economico si riverserebbero su quello politico. Allora, ecco l’invenzione: ogni cinquanta anni al suono del corno di capro, lo yobel, i terreni sarebbero ritornati ai loro aggiudicatari originari, ossia alle famiglie che li avevano ottenuti all’atto dell’ingresso in Palestina; ed ogni uomo avrebbe finito di essere schiavo o servitore di un altro e sarebbe stato libero. Si direbbe che si trattava di un programma socialista, di un socialismo ebraico ideato tremila anni addietro, ed ovviamente mai realizzato. Il giubileo come occasione di ripensare alle relazioni personali e, persino, all’assetto economico: un fatto quindi necessariamente sociale, anzi un evento di liberazione.

Si considerava anche la natura, perché in quell’anno si doveva far riposare la terra. Si direbbe che si proponeva un’umanità alleata con la natura: valore attuale se solo si pensa che lo sfruttamento insensato delle risorse naturali sta producendo la morte della natura e dello stesso uomo. Il cambiamento climatico non è certo un’invenzione e rafforza, anzi, la distanza tra chi dispone di acqua e chi ne è privo, ponendo le premesse per le grandi migrazioni di popoli e, purtroppo, per nuove guerre.
Il progetto di Mosè non si è realizzato già allora e neanche presso il suo popolo. Epperò, quella preoccupazione rimane: donne ed uomini di ogni epoca e di ogni luogo sono chiamati a riflettere sulle loro condizioni, sui rapporti sociali e sulle strutture economiche, sui processi di produzione e di consumo, sull’uso delle risorse naturali, ed ogni generazione deve inventare gli strumenti perché sia preservata la vita su questo pianeta.
Il giubileo non è l’occasione di un ennesimo viaggio, non può ridursi ad un consumismo religioso; soprattutto non è solo un fatto di coscienza individuale, ma è appunto un fatto sociale. Per questo il programma giubilare della ricerca di cambiamento interessa tutti.

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Pubblicato da:
Carmela Marino