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L'EDITORIALE

Il 25 Aprile, una giornata di festa ma ancora non per tutti

Ancora 79 anni dopo la Liberazione, ci sono i distinguo, le mezze frasi, le parentesi aperte e forse mai chiuse. Una celebrazione divisiva perché l’Italia non è una Repubblica fondata sul lavoro ma sul tifo

Di Antonello Piraneo |

Secondo ciò che ormai è un luogo comune, l’Italia non è una Repubblica fondata sul lavoro (ce ne accorgeremo anche questo Primo Maggio, quando tanti, troppi indicatori sull’occupazione giovanile metteranno il Sud dietro la lavagna), ma sul pallone, sul calcio. In realtà così non è, perché l’Italia si fonda sul tifo da stadio. Anche in giornate come il 25 Aprile, Festa della Liberazione, cioè della rinascita di un Paese dopo il Ventennio, nefasto per il sol fatto di avere calpestato diritti e democrazia, pilastri del bene comune, ben altra cosa rispetto a quelli dell’edilizia di regime.

Una festa che dovrebbe essere naturaliter di tutti e che invece tale non è. Perché ancora 79 anni dopo la Liberazione, in questo 25 Aprile più ancora che nei precedenti, ci sono i distinguo, le mezze frasi, le parentesi aperte e forse mai chiuse, i balbettii, le lingue che si ingarbugliano, le circumnavigazioni verbali per dire e non dire che il fascismo è stato un male, e pure assoluto, e che quindi non dovrebbe esserci divisione alcuna per una ricorrenza da cui tutto parte, per esempio anche la possibilità per una nipote del Duce di rappresentare il Paese e sedere sugli scranni del Parlamento o dell’Europarlamento: perché legittimamente eletta, perché così vuole la democrazia.

Invece no. Anche il 25 Aprile è/resta/torna a essere – al di là degli asciutti toni istituzionali, vivaddio almeno quelli – una questione divisiva. L’Italia fondata sul tifo, appunto.

La lezione dimenticata

Eppure anche in un recente passato gli sforzi per una pacificazione del Paese erano stati fatti, riconoscendo pure gli eccessi violenti della Resistenza. Basti ricordare il dialogo tra un sempre illuminato Luciano Violante, in asse con uno spirito libero come Pietrangelo Buttafuoco, e una emergente Giorgia Meloni. Una lezione dimenticata.

Troppe le bandiere che sventolano in questa giornata, troppe le lacerazioni che attraversano il Paese, come esemplificano le ripetute intolleranze nelle Università, il confronto che diventa scontro, negazione dell’interlocuzione, gli ultras, a proposito di stadio, che riescono a legittimare persino il ministro Francesco Lollobrigida a parlare di «squadracce». Si mette tutto insieme, la Resistenza e Gaza e il sionismo e l’Olocausto e le battaglie transgender e la farina di grilli. Tutto dentro un frullatore ideologico che fa solo rumore e non aiuta a ricordare, comprendere, ragionare. Ci si schiera, punto.

La tensione

Il caso Scurati ha contribuito, comunque la si veda, ad alzare la tensione fino ai livelli di guardia. E fa aggiungere una figurina, l’ennesima, all’album delle piazze che per definizione hanno bisogno di identificarsi in un nome e un cognome, modo certamente più sbrigativo di farsi un’idea compiuta per chi un libro di Scurati non l’ha mai aperto, figurarsi se letto.

Davvero ha avuto un senso oscurare un monologo, duro nei confronti di chi guida il governo, anziché proporne in parallelo un altro che rispondesse ai quesiti posti, che riuscisse a chiarire che si può essere di Destra senza essere fascisti, conservatori senza passare per reazionari? Davvero non c’era altra data rispetto alla sacralità del 25 Aprile in cui il vicepremier Matteo Salvini potesse presentare il suo libro e fors’anche la candidatura del generale Vannacci, personalità, come dire, divisiva, la più divisiva, altra figurina di un altro album? Per avere un titolo più forte sui giornali dell’indomani? Perché si è perso il senso della misura, dell’opportunità?

Tutto è tifo

Soprattutto: perché tutto è tifo, tutto è stadio, anche la data da cui discende la Costituzione su cui giurano coloro che hanno il privilegio di ricoprire una carica pubblica ? Perché non si riesce, almeno oggi, a sventolare una sola bandiera, il Tricolore, anche se non vince la Nazionale di calcio?COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA