IL COMMENTO
I nuovi Caronte, i giovani e l’Altrove: se l’esodo di talenti lascia in Sicilia un vuoto incolmabile
Gli insegnanti-traghettatori a confronto con il paradosso della fuga: come far sì che non sia un viaggio di sola andata
Stanno per cominciare un nuovo anno scolastico negli istituti superiori ed un altro anno accademico nelle università. Nelle aule torneranno insieme studenti e docenti. Ma questi ultimi, almeno in Sicilia, ormai si sono rassegnati a dover indossare i panni di moderni Caronte, traghettatori di giovani menti verso un altrove ricco di promesse.
A differenza però del mitologico custode dell’Ade, gli insegnanti-traghettatori, anche i più capaci di infiammare i giovani, si trovano di fronte ad un paradosso: formare e preparare i futuri cittadini, ma anche vederli partire, forse per non tornare mai più. Come loro altri nuovi Caronte: professionisti della formazione professionale, mentori ed operatori culturali.
L’altrove è un luogo che rappresenta opportunità, crescita e la possibilità di realizzare sogni che, nella propria terra, sembrano irraggiungibili per i giovani. Questo inarrestabile esodo di menti e talenti, alimentato paradossalmente dalle stesse competenze che si acquisiscono a scuola, all’università e negli enti formativi, lascia un vuoto incolmabile nel tessuto socio-economico delle nostre comunità.
Città che si svuotano, economie locali più povere e un capitale umano che arricchisce altri territori, più prosperi e meglio organizzati. Tuttavia, la responsabilità non può ricadere solo sui giovani che hanno tutto il diritto di crearsi il loro futuro. La domanda che ogni adulto responsabile dovrebbe porsi è: cosa posso fare per trasformare l’altrove dei miei figli in un ritorno che riporti nuova linfa alla Sicilia? Come contribuire insieme ad altri a far sì che il traghettamento non sia un viaggio di sola andata?
La risposta a queste domande non è semplice. Serve una capacità collettiva di costruire ponti, non solo fisici – come quello sullo Stretto – ma soprattutto simbolici, che permettano ai giovani di attraversare l’altrove senza dimenticare da dove vengono. Ponti fatti di opportunità locali competitive e rapporti con il mondo intero; di un tessuto sociale che accoglie e valorizza il cambiamento; di una intera comunità “generativa” che intelligentemente costruisce per il futuro.
Potenziale immenso
La Sicilia, con il suo ricco patrimonio culturale, storico e naturale, offre un potenziale immenso per trattenere i giovani. Ad esempio, investire di più nel turismo sostenibile e nell’agricoltura biologica potrebbe offrire fin d’ora ai giovani siciliani la possibilità di costruire percorsi lavorativi che valorizzino le tradizioni locali. La creazione di molti più hub tecnologici e incubatori di startup nelle grandi città potrebbe attirare talenti e nuove imprese, evitando la loro fuga.
Costruire ponti significa anche rafforzare i legami intergenerazionali, dove il dialogo tra giovani e adulti può trasmettere valori, tradizioni e competenze che educano i giovani a radicarsi nella loro comunità. Come insegna la virtuosa esperienza della vitivinicoltura, il turismo rurale, l’enogastronomia e il marketing delle tipicità locali offrono già opportunità di passaggi di testimone per trattenere i giovani e attirare quelli andati via.
È fondamentale sostenere pure economicamente il ritorno dei “cervelli” attraverso programmi specifici che facilitino il loro reinserimento nel tessuto locale. La Regione Siciliana dovrebbe dare incentivi ad imprese e organizzazioni per il ritorno dei giovani che hanno acquisito esperienze all’estero, incoraggiandoli a investire nelle loro comunità di origine. Anche gli imprenditori locali devono fare la loro parte e non essere solo puri “prenditori” di risorse.
Il rischio
Attenzione anche ad un rischio. La continua partenza dei giovani sta creando una polarizzazione sociale, con un crescente divario tra chi lascia e chi resta. Si può mitigare il rischio promuovendo l’inclusione e il dialogo, creando spazi di confronto e collaborazione tra chi ha deciso di partire e chi, invece, è rimasto. Ma anche riducendo il peso della burocrazia pubblica, migliorando le infrastrutture locali per creare un ambiente più favorevole al business e all’innovazione, investendo in formazione avanzata e sostegno all’imprenditoria giovanile. Serve una buona classe politica per questo.
Guardiamo a come altri Paesi hanno affrontato sfide simili. L’Irlanda, ad esempio, ha saputo trasformare la sua economia grazie a ingenti investimenti in istruzione e tecnologie, riuscendo a trattenere i suoi giovani e a far tornare molti emigrati. Così è successo anche nella regione basca in Spagna, in Portogallo, in Finlandia e nella Corea del Sud.
Proviamo a disegnare un futuro in cui i giovani vedano la Sicilia non come luogo da cui fuggire, ma come terra di opportunità, capace di accogliere e valorizzare il loro talento. Non si tratta più solo di traghettare i nostri giovani verso l’altrove. È tempo di costruire ponti che li conducano di nuovo a casa, arricchiti ma non perduti.
Perché il vero viaggio non finisce dove l’orizzonte si spegne, ma come nel ritorno ad Itaca prosegue dove si sceglie di tornare a far brillare la propria luce nel luogo da cui si è partiti.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA