Sicilia una nessuna centomila
I giovani fattivi, gli azzeccagarbugli e il fattore tempo come discrimine
Finiti gli effetti speciali degli auspici di fine anno c'è da confrontarsi e interrogarsi su come tradurre in fatti concreti i buoni propositi e le aspettative
Dove eravamo rimasti? Ah certo, agli auguri, ai brindisi di mezzanotte, alle speranze, alle feste in piazza. E poi anche – almeno per la grande comunità che si ritrova attorno a queste pagine – alle suggestioni, visioni e analisi ospitate nel nostro inserto di domenica.Abbiamo detto addio al 2023 e dato il benvenuto al 2024 con “La bella Sicilia una nessuna centomila” e proprio da qui ripartiamo. Perché finiti gli effetti speciali degli auspici di fine anno c’è da confrontarsi e interrogarsi su come tradurre in fatti concreti i buoni propositi, puntuali come i botti di fine anno, e le aspettative, puntuali anch’esse, pur se declinate al ribasso perché ci si illude sempre meno, scottati come siamo da mille promesse che spesso risultano vacue già all’alba dei primi mesi di un nuovo anno.
Poprio per esorcizzare le paure di ennesime delusioni, ci affacciamo sul 2024 con alcune storie positive di giovani siciliani che ce l’hanno fatta a superare le difficoltà di un contesto depresso e deprimente. Sono loro a dare a tutti noi la giusta vitamina per andare incontro con maggiore vigore intanto all’anno che comincia e poi anche ai prossimi venturi.Ma poi? Giacché non si vive di solo entusiasmo e di sola passione, poi bisogna da subito restituire al tempo il giusto valore. Ed è il fattore tempo il discrimine tra passato e futuro, la bussola giusta per farci uscire dalle secche. A parole si è tutti d’accordo, nella vita reale è ben diverso.
Per esempio, ma è solo un esempio tra mille nequizie: in un mondo che cambia in maniera tumultuosa, in cui le stagioni politiche ed economiche sono sempre più corte, nello stesso mondo che corre verso ambiziose transizioni epocali e sfidanti anche per la Sicilia, come si può giustificare o soltanto provare a spiegare che occorrano circa sei mesi – sì, sei mesi – per censire gli iscritti alle varie associazioni di categoria a un ente camerale (nello specifico la travagliata super CamCom del Sud-Est) e rinnovarne gli organi di governo, dopo una lunga parentesi commissariale e l’incertezza sul “perimetro” dello stesso ente?
Riflettiamoci serenamente, qui e ora: quante cose accadono in sei mesi, non dico nella vita normale ma anche nella gestione della cosa pubblica? In sei mesi può ben succedere che il Paese abbozzi nuovi assetti istituzionali ed è successo che si rivoluzioni la gestione delle Zes, per restare in tema con un altro esempio. In sei mesi uno startupper può capire se la sua idea era un sogno impossibile o un’intuizione felice. E dunque: mentre il mondo corre, davvero servono sei mesi per contare e “pesare” le tessere degli iscritti? In quale atollo sperduto accade qualcosa di simile? Come possiamo aggredire il futuro con questi bioritmi amministrativi, legulei, statutari fuori dal tempo?Ecco, i giovani vogliosi di fare e gli azzeccagarbugli del Terzo Millennio: è questa la esemplificazione plastica della Sicilia una nessuna centomila.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA