Guerra Russia-Ucraina, i rischi che l’Italia non vede

Di Giorgio La Malfa / 05 Maggio 2024

In una conversazione con il settimanale inglese “The Economist” che l’ha pubblicata venerdì, il presidente francese Emmanuel Macron ha testualmente detto: «Se i russi dovessero sfondare le linee del fronte in Ucraina e se gli ucraini lo chiedessero – cosa che oggi non fanno – noi non potremmo esimerci dall’esaminare la possibilità di mettere i nostri soldati sul terreno». Lo aveva già detto alcune settimane fa e lo ha ripetuto nell’ambito di un ragionamento sul rischio che la civiltà europea e la democrazia possano essere travolte.

La presa di posizione di Macron ha provocato reazioni molto negative in Germania e in Italia. In particolare ieri in un’intervista al Corriere della Sera il nostro ministro della Difesa, Guido Crosetto, che è anche un esponente autorevole del partito della premier Giorgia Meloni, ha detto seccamente di non condividere le affermazioni di Macron ed ha escluso che le forze armate italiane possano essere coinvolte direttamente nel conflitto. Più o meno le stesse cose hanno detto gli altri esponenti politici che hanno parlato.
A me queste reazioni sembrano affrettate. Bisogna invece riflettere attentamente sulle parole di Macron.

Il presidente francese non è un estremista. È un uomo politico di centro che all’inizio delle azioni militari russe in Ucraina ha cercato a più riprese di stabilire un contatto con Putin per cercare una soluzione negoziata della crisi. Se una personalità politica di questo genere dice a poche settimane dalle elezioni europee parole che certo non aumenteranno la sua popolarità presso l’elettorato francese, evidentemente lo fa perché la situazione politico-militare si è molto aggravata.
In altre parole se Macron ritiene oggi di dover prospettare uno scontro militare diretto con la Russia, vuol dire in primo luogo che vi è il rischio concreto di un crollo militare dell’Ucraina che potrebbe consegnare alla Russia quella vittoria sul campo che finora non ha ottenuto; ed in secondo luogo che la vittoria in Ucraina aprirebbe la strada alle fasi ulteriori del disegno di Putin che potrebbe rivolgersi dopo l’Ucraina alla Transnistria o ai Paesi baltici o, forse, domani, alla stessa Polonia.

È evidente che l’Occidente non vuole scendere in guerra contro la Russia. È stata la Russia ad attaccare l’Ucraina. Siamo stati tutti d’accordo nel sostenere l’Ucraina con le armi e gli aiuti economici nella convinzione che questo potesse evitare lo sfondamento russo e quindi porre le basi per una necessaria trattativa per uscire dalla crisi. La convinzione dei Paesi occidentali è stata che se i propositi di sfondamento dei russi fossero falliti e se, nel frattempo, le sanzioni avessero indebolito l’economia russa, alla fine Putin si sarebbe reso conto che era necessario trovare una soluzione. Oggi dobbiamo prendere atto che, almeno finora, questo non è bastato. La Russia ha sacrificato decine di migliaia di soldati e sembra in condizioni di continuare a lungo così, mentre le sanzioni non hanno influito in modo significativo sula capacità russa di sostenere lo sforzo militare. Ma se così, se cioè la forza militare russa è in grado di sorreggere il disegno espansionistico di Putin, e se non bastano le armi che l’Occidente da all’Ucraina, la minaccia di una partecipazione delle forze armate dell’Occidente al conflitto è quello che può indurre Putin alla prudenza. In questo caso solo la minaccia credibile di una disponibilità dell’Occidente a partecipare al conflitto può fermare la Russia. E se è così il mettere limiti al nostro coinvolgimento significa rischiare domani di trovarci in condizioni peggiori.

È in sostanza il dilemma di Monaco, quando l’Inghilterra e la Francia non se la sentirono di dire un fermo no alle richieste di Hitler e finirono per incoraggiarne l’aggressività. Macron può essere criticato per avere fatto emergere con le sue dichiarazioni le divisioni in seno all’Occidente che dovrebbe invece parlare con una sola voce. Ma le parole di Macron non incoraggiano la Russia a sottovalutare la fermezza dei Paesi occidentali. Affrettarsi a liquidare quelle parole e prendere così nettamente le distanze da esse rischia di mandare a Putin un messaggio sbagliato e cioè che tutto sommato l’Occidente è pronto ad accettare i fatti compiuti. Alla lunga questo costituisce il rischio maggiore.

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Pubblicato da:
Carmela Marino