Sono in molti a suggerire la rielezione a termine di Mattarella per consentire la prosecuzione di una collaborazione tra il Colle e Palazzo Chigi rivelatasi decisiva per portare avanti il percorso di rinascita del Paese, prostrato dalla pandemia e dalla crisi economica. Si ritiene, tra l’altro, che così, completata la legislatura, si possa avere un avvicendamento al Quirinale tra Mattarella e Draghi.
Il governo Draghi, voluto da Mattarella in assenza di indicazioni provenienti dai partiti, ha creato un clima di fiducia tra la gente e veicolato all’estero un’immagine positiva dell’Italia, capace di sostenere enormi sacrifici per superare la crisi sanitaria e quella economica. L’asse che si è creato tra il Colle e Palazzo Chigi ha consentito il varo di riforme da sempre ritenute indifferibili, ma mai perseguite con la necessaria determinazione. Questa forte sintonia registratasi tra i vertici delle istituzioni va mantenuta, in presenza di un'emergenza tutt’altro che domata, per rimettere definitivamente in piedi il Paese.
È auspicabile che Draghi possa proseguire nella sua azione di governo potendo contare anche sul sostegno del Colle e dell’attuale maggioranza larga. Si tratterebbe, insomma, di garantire per l’intera legislatura la forte sintonia esistente tra il Colle e Palazzo Chigi, che favorisce il pieno assolvimento degli impegni assunti con l’Europa.
Ebbene, nonostante questa strategia possa risultare utile all’interesse nazionale, non pare dubbio che eleggere un Presidente di transizione mortificherebbe la dignità del Capo dello Stato, in particolare svuoterebbe di contenuto la stessa indipendenza che la Costituzione ha inteso garantirgli, perché non sia ostaggio né dei partiti né della maggioranza che lo ha eletto. L’idea che il Presidente della Repubblica possa essere coinvolto in un patto come quello che taluni auspicano o possa comunque accettare il ruolo di Presidente dimezzato rappresenta una intollerabile forzatura della Costituzione. Il Presidente può dimettersi per le più diverse ragioni, ma non sentirsi obbligato a dimettersi in forza di un patto intervenuto tra gli attori politici. Il precedente delle dimissioni di Napolitano, che ha deciso autonomamente quando dimettersi, ce lo conferma.
Mattarella ha annunciato in più occasioni di non essere disponibile per un nuovo mandato. Ma in ogni caso non accetterebbe mai di essere coinvolto in un patto che dovrebbe comportare l'elezione di un Presidente a termine. Ha interpretato in questi anni con grande fermezza il ruolo di custode della Costituzione. Ha saputo resistere all’assedio di chi voleva le elezioni anticipate ad ogni costo e ha difeso le prerogative Parlamento violate o minacciate, anche quando la resistenza opposta dalle opposizioni era debole e svogliata. Non potrebbe mai accettare insomma che il patto politico prevalga sulle regole. E ciò non in omaggio ad un vuoto formalismo giuridico che lo porta ad ignorare la eccezionalità delle situazioni politiche e sociali che il Paese sta vivendo, ma per il convincimento, espresso anche in questi giorni, che i limiti posti all’esercizio del potere debbano valere soprattutto di fronte alle situazioni eccezionali. Ignorare ciò significherebbe dare ancora più forza alla predicazione dei populisti che identificano il buon governo con la sistematica sottomissione dei governanti a tutte le istanze che provengono dalla piazza.
Spira in molti Paesi un vento favorevole alla democrazia illiberale, ritenuta molto più efficace della democrazia delle regole per affrontare la complessità di un mondo disordinato e violento. Spetta ai sinceri democratici sfatare questo mito, dimostrando con i fatti che la democrazia si difende a mani nude, impegnando i vertici istituzionali a realizzare ciò che serve al Paese e non ciò che giova a corporazioni economiche e gruppi politici più o meno potenti.
Mattarella non è stato finora un Presidente notaio che si è limitato a regolare i conflitti quando essi superavano il livello di guardia. Ha ritenuto che il suo ruolo di garante della Costituzione lo impegnasse anche ad attuare la Costituzione. Non accetterebbe, quindi, mai un patto per la rielezione che condizioni la sua libertà di azione.