Francia: l’onda nera fermata da un’alternativa credibile, ora il buon governo

Di Salvo Andò / 09 Luglio 2024

Le elezioni francesi hanno dato un risultato diverso da quello che i sondaggi prevedevano. E, tuttavia, non si tratta di un risultato sorprendente se si considera che negli ultimi giorni, man mano che gli accordi di desistenza venivano definiti, il margine di vantaggio del centrodestra, nei confronti soprattutto del Fronte Popolare tendeva a ridursi.

L’appello rivolto da Macron al Paese a mobilitarsi per sconfiggere la Le Pen, considerato che la destra non aveva mai governato la Francia dai tempi di Vichy, è stato accolto con favore da larghi settori dell’elettorato. Ciò ha creato le condizioni per una straordinaria partecipazione politica, che non si registrava così massiccia dal 1981, allorché Mitterand fu eletto presidente.

I meriti di Macron

Merito di Macron è stato quello di persuadere l’opinione pubblica che la destra si poteva battere attraverso un’offerta politica alternativa e senza alimentare dispute ideologiche per non frantumare il fronte repubblicano. Occorreva, insomma, esaltare il carattere plurale dello schieramento alternativo alla destra dando risposte appaganti sul terreno della questione sociale, utilizzata strumentalmente dalla Le Pen per alimentare la rabbia sociale e provocare disordini soprattutto nelle periferie degradate.

Macron si è assunto la responsabilità di portare il Paese alle elezioni dopo il grande successo ottenuto alle Europee dalla Le Pen. Un passaggio che riteneva obbligato per interrogare i francesi sul tipo di progresso da realizzare nel Paese.

Le elezioni anticipate, anche a giudizio di alcuni suoi collaboratori, erano ritenute un azzardo con una destra in ascesa. Per il presidente, invece ,si trattava di una scelta necessaria per fermare l’onda nera che andava montando. Alla destra che cercava di parlare alla pancia del Paese per scatenare la rabbia sociale bisognava contrapporre una strategia riformatrice coraggiosa, valorizzando le tradizioni repubblicane che hanno fatto della Francia il Paese dell’uguaglianza e dei diritti.

Questo progetto si è rivelato vincente. La destra che era sicura di stravincere, non ha conseguito né la maggioranza assoluta né quella relativa.

La strategia della desistenza condivisa dal fronte repubblicano è stata portata avanti con convinzione e lealtà. Gli argomenti usati da questo schieramento per scongiurare il rischio di derive autoritarie sono risultati convincenti. L’obiettivo non era tanto quello di governare comunque il Paese, ma intanto di battere la destra. Si trattava di organizzare un fronte in grado di non fare conseguire alla destra la maggioranza assoluta ,grazie alla desistenza,

Del resto, tutte le volte che Le Pen si è candidata alle presidenziali, sono scesi in campo per contrastarla al ballottaggio tutte le principali forze politiche, decise a votare per il candidato a lei alternativo. In questo senso si può parlare di una vera e propria conventio ad excludendum che le ha precluso il successo elettorale. Insomma, la storia politica della Le Pen, ma soprattutto la storia politica del padre, Jean Maria Le Pen, esponente di quel movimento collaborazionista che consegnò la Francia ai nazisti, ha rappresentato un vero e proprio macigno insuperabile per la leader della destra francese.

In un certo senso il patto sulla desistenza ha confermato la diffusa volontà di larga parte dell’elettorato francese di non votare mai per la Le Pen.

Il successo riscosso dalla strategia della desistenza ha confermato questo giudizio sul personaggio. Chi, come Bardella, il candidato premier del centrodestra, ritiene che domenica sia stata rubata la vittoria alla destra non tiene conto di questa conventio ad excludendum che ha portato moltissimi elettori francesi a salutare come un atto di responsabilità la strategia della desistenza.

Una volta siglato il patto anti Rn, si è avuta una immediata mobilitazione dell’opinione pubblica, decisa a negare la maggioranza assoluta al candidato della destra. Lo schieramento repubblicano nonostante la sua variegata conformazione è parso affidabile, in ogni caso in grado di scongiurare il pericolo di un governo della destra razzista, antieuropeista, decisa a promuovere una politica della cittadinanza destinata a produrre fratture sociali irreversibili in un Paese come la Francia sempre più multietnico.
La destra non si è resa conto degli effetti che avrebbe prodotto sul risultato elettorale una mobilitazione popolare che continuava a crescere di ora in ora e che riguardava tutti i territori. Non pare dubbio che adesso bisogna mettere a frutto questo grande successo conseguito dallo schieramento repubblicano. Si tratta di realizzare nelle forme possibili un governo in grado di garantire stabilità politica al paese, che potrebbe avviarsi a una ristrutturazione del sistema politico anche attraverso la scomposizione e ricomposizione delle tradizionali famiglie politiche.

Punto di equilibrio

A Macron, che veniva considerato da tanti un “ex” presidente della Repubblica in carica, viene riconosciuto il merito di essere riuscito a sconfiggere la destra e di avere recuperato attraverso le scelte compiute una buona parte dei consensi perduti. Adesso, considerato il suo ruolo istituzionale, deve riuscire a trovare un punto di equilibrio che consenta di tenere insieme la coalizione vincente. Si tratta di non disperdere l’importante risultato politico conseguito battendo un centrodestra che tutti ritenevano imbattibile. La Francia ha bisogno di stabilità politica, anche per contribuire a sconfiggere derive autoritarie che si vanno affermando in molti Paesi europei. E la stabilità politica della Francia è anche necessarie per sconfiggere quanti sono in Europa sono disposti a svolgere un ruolo di vassallaggio nei confronti del dittatore russo che interferisce sempre più pesantemente nelle politiche nazionali dei Paesi europei, come è emerso anche in occasione delle elezioni francesi.

Pubblicato da:
Alfredo Zermo