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Festa del papà, sbaglia la prof che cancella la ricorrenza: ecco quanto è importante oggi la figura paterna

La centralità del genitore purché non sia amicone, peluche o bancomat

Di Giuseppe Raffa* |

La imminente festa del papà? Non s’ha da fare, i bambini senza padri potrebbero incupirsi. Succede a Viareggio, dove per non far tribolare gli alunni senza papà la dirigente di una scuola locale, la prof. Caterini, ha incredibilmente scelto di sollecitare la tristezza di tutti gli altri. Diciannove marzo cancellato, niente festa del papà. Incredibile. E con le altre festività in cui il padre è presente, tipo Natale o Pasqua, tanto per fare due esempi, come la mettiamo? Cancelliamo pure quelle per non turbare i fanciulli senza padri?

Pazzesco. In un’epoca di “deficit di padre”, come sostiene lo psicanalista Luigi Zoja, in un momento di estrema “evaporazione della figura paterna”, come ribadisce Massimo Recalcati, la festa del papà dovrebbe trasformarsi in un giorno di impegno e riflessione. Per affrontare la crisi, una crisi per la figura paterna che, stando a Lancan, avrebbe avuto inizio addirittura nel 1938, in coincidenza con lo scoppio del Secondo Conflitto Mondiale. E’ un momento no antico quello del papà, che oggi ha purtroppo raggiunto il suo pericoloso azimut. Senza padre, sosteneva già Freud, difficilmente i giovani sono in grado di “controllare la propria aggressività”. Esatto.

Se l’aggressività e la violenza giovanili la fanno oggi da padrone la colpa è in gran parte del padre assente e/o periferico nella scena familiare. Quella stessa scena che lo ha sempre visto in prima linea nell’attirare a sé e disinnescare l’aggressività del figlio maschio. Con un padre non pervenuto e il conflitto generazionale quasi nullo, la violenza dei giovani è debordata nelle aule (bullismo scolastico), è tracimata in strada (bullismo sociale), ha riempito i social e le reti dei ragazzi come mai era successo in passato. Giovani soli, violenti e…talis pater, come dicevano i latini. Quelli privi dei principi di responsabilità e di giustizia, da sempre di pertinenza della figura paterna.

Lo diceva anche Freud

Lo predicava lo stesso Freud: “Il padre rappresenta la responsabilità, simboleggia la legge”. Vi è un pericoloso collegamento tra la devianza giovanile e l’assenza del padre, come confermano autorevoli ricerche. Negli Usa, tanto per fare un esempio, l’85% dei giovani carcerati sono privi di padre. Non solo. Un adolescente che non dispone dei valori paterni si trasforma spesso in un adulto refrattario alle regole, alle norme, alle leggi. “Il deficit di padre – osserva lo psicologo anglosassone Henry Biller – è uno dei fattori che stanno alla base dei più importanti problemi sociali come la tossicodipendenza, l’intolleranza, la criminalità giovanile, la perdita di motivazione e la voglia di vivere, più in generale”. Ancora. “Un bambino diventa deprivato – sostiene Winnicot – quando gli vengono a mancare certe caratteristiche essenziali della vita familiare, non ultima la presenza del padre”.

L’argine alla violenza

E’ certo: per porre un argine al dilagare della nuova violenza giovanile occorre il ritorno del padre. Che per prima cosa deve recuperare l’antica centralità nella educazione dei figli. E poi? Poi deve sforzarsi di acquisire i nuovi codici educativi e pedagogici utili ad affrontare le emergenze dei nuovi giovani. Ma intanto urge dar vita ad un serio dibattito in vista della “riforma” della figura paterna. Subito, a partire dal 19 marzo. E invece? E invece per una certa preside la festa del capofamiglia va addirittura cancellata. Sbagliato, anche se successivamente la dirigente ha in parte modificato la sua scelta. Del padre bisogna tornare a discutere, vi sono pochi dubbi. E chi un padre non ce l’ha dovrebbe essere messo nelle condizioni ottimali per “recuperarne” uno. Nel senso che i ragazzi hanno di bisogno come l’aria di una figura maschile di riferimento: uno zio, un fratello maggiore, un docente, un prete, ecc.

Un punto di riferimento

Ma se si vuole davvero porre degli argini al debordare della violenza giovanile, allora serve restituire il padre ai ragazzi aggressivi e arrabbiati. Un papà che sappia tornare ad essere un valido, fermo e importante punto di riferimento e di identificazione per i figli. Un padre a tutto campo bravo quando i figli sono piccoli e abile, anzi abilissimo quando crescono e diventano refrattari verso le figure di riferimento. Perché si è padri sempre, sia quando i figli sono piccoli, sia quando i ragazzi sono grandi. I principi e i valori trasmessi dal padre (e della madre) li accompagnano nelle scelte di vita, risiedono nei loro pensieri anche da vecchi. Basta coi padri “amiconi” dei figli. Stop al papà “peluche” che gioca coi figli e non fa altro. Fermiamo il papà “bancomat”, quello pronto a tirare fuori i soldi e lì si blocca. Urge un vero padre, una figura autorevole e preziosa anche per la madre, “sia come aiuto materiale, sia come supporto psicologico”, spiegano gli psicologi Diego Miscioscia e Paola Nicolini.

*pedagogista, coordinatore ambulatorio antibullismi Asp RagusaCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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