L'opinione
Elezioni, il Rosatellum bis: un sistema che lede il diritto di voto libero e diretto
L’elettore vota in maniera indistinta per l’uno e per l’altro candidato, senza possibilità di differenziare. Ma, suggerisce il prof. Agatino Cariola, si deve comunque andare a votare
Domani i cittadini siciliani avranno in mano tre schede, due per l’elezione della Camera e del Senato, una per il Presidente della Regione e l’Assemblea. Tre schede per quattro voti. Spiegare il sistema elettorale stabilito a livello nazionale, il cosiddetto Rosatellum bis, è pressoché impossibile. Un sistema di liste bloccate sia per i candidati nei collegi uninominali sia in quelli proporzionali. L’elettore vota in maniera indistinta per l’uno e per l’altro candidato, senza possibilità di differenziare. Il voto dato al candidato in quota maggioritaria si estende alle liste collegate; il consenso dato a un partito in ragione proporzionale vale anche per il candidato nell’uninominale.
A livello regionale, invece, è conservata la possibilità del voto disgiunto per il Presidente e per l’Assemblea, e all’interno delle liste il criterio della preferenza porta a scegliere tra i candidati. L’Italia è il Paese in cui coesistono sistemi elettorali diversi: dal Parlamento europeo a quello nazionale, agli ambiti regionale e a quelli comunali: sì, perché ogni regione si fa il suo sistema elettorale, ed in ogni comune si vota secondo regole diverse a seconda della popolazione che vi risiede. Sembra un sistema schizofrenico, in cui le regole elettorali che dovrebbero essere assai semplici e comuni, a portata di chiunque, sono elaborate quali vestiti su misura per i partiti.
Ritornando al sistema elettorale per la formazione del Parlamento nazionale, esso vede liste bloccate ed esalta il potere di chi all’interno dei partiti fa le liste e, quindi, sceglie il gruppetto di parlamentari dei quali circondarsi. Allo stesso tempo e per quanto possa essere paradossale, il sistema premia i fedelissimi, i quali non hanno altra ambizione che quella di seguire le indicazioni dei leader di partito; ed incoraggia gli eletti, già all’indomani del voto, ad assicurarsi la ricandidatura presso altri partiti oppure creandone di nuovi. Sono state deluse le speranze di chi ha sostenuto nel lontano 1993 la trasformazione del sistema elettorale da proporzionale in maggioritario, anche per promuovere un assetto bipartitico o quantomeno bipolare, secondo il modello delle democrazie cd mature. Il fatto è che sono scomparsi i partiti legati da un afflato ideologico ovvero dalla tutela di interessi sociali, e si sono affermati a destra come a sinistra partiti personali attorno a un leader carismatico che diviene il padrone del partito. Certo, la dinamica non è solo italiana: si pensi a Macron che nel giro di pochi mesi ha dato vita al suo partito; ma la normalità cui tendere dovrebbe essere costituita dai Paesi come la Germania e la Gran Bretagna, dove i leader dei partiti sono sostituiti in maniera naturale o perché si ritirano o perché sfiduciati dalla base del medesimo partito, il quale assume la responsabilità e i meriti di quanto, ad esempio, Merkel o Johnson hanno fatto.
Chi nel 1993 ha sostenuto la trasformazione del sistema elettorale italiano in senso maggioritario si era illuso che nei collegi uninominali dove vigeva il maggioritario i partiti presentassero le migliori persone di cui disponevano. Il sistema elettorale avrebbe permesso di individuare da subito una maggioranza che governa e un’opposizione che controlla, ponendo fine agli inciuci ed al consociativismo che vedeva i partiti tutti uniti appassionatamente nello sperpero delle risorse pubbliche. Al tempo stesso avrebbe contribuito a migliorare la qualità interna, per così dire, degli apparati dei partiti, riducendo il potere delle nomenklature. Ci si è sbagliati. Non si poteva prevedere che i partiti sarebbero cambiati. Non si pensava che il sistema mediatico travolgesse tutto. Nelle trasmissioni televisive stanno solo i leader; i candidati locali sono sconosciuti, trainati dal fascino-carisma dei leader medesimi. L’attuale sistema elettorale viola la libertà dell’elettore, perché gli impedisce persino di conoscere i nomi ed i volti dei candidati. Eppure, la Corte costituzionale italiana più volte ha affermato che la libertà di voto da garantire agli elettori è un valore fondamentale ed ha pure aggiunto che tale libertà richiede un rapporto diretto tra elettori ed eletti nel territorio.
Nel 2018, un gruppo di studenti dell’Università di Catania, a confronto con il relatore del Rosatellum bis, sostenne senza mezzi termini che il sistema così congegnato lede il principio del diritto di voto libero e diretto, e non assicura nemmeno la governabilità, come l’esperienza ha purtroppo confermato. Le candidature del 25 settembre danno ancora una volta ragione agli studenti. Politici candidati in più collegi, quindi senza alcuna base territoriale. Le poche candidate donne strumentalizzate – è il caso di dirlo – per mascherare i candidati uomini, quelli effettivi. Candidati nascosti dietro altri. I cittadini-elettori usati. Si inverta il meccanismo. Invece di individuare il leader politico nazionale che è più affine alle nostre idee e su tale base votare nei collegi di Camera e Senato chiunque sia candidato, domani partire dai candidati in concreto presenti nel collegio e da lì muoversi per scegliere il partito cui dare il voto. Colpa dei leader nazionali se hanno sbagliato a candidare persone sbagliate in un collegio. In ogni caso si va a votare.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA