Strano destino quello di questo Consiglio comunale. Nato per essere ostaggio dell’amministrazione Pogliese (che all’inizio vantava una maggioranza schiacciante sfaldatasi via via che si materializzava il disastro), da un anno a questa parte, da quando cioè il Comune è stato commissariato (altra esperienza di cui la città avrebbe fatto volentieri a meno), l’assemblea cittadina avrebbe potuto finalmente farsi notare ed essere protagonista di questa incerta fase politica, adottando provvedimenti se non decisivi, almeno degni di nota. E, invece, ha ripetutamente mostrato il suo peccato originale: quel tirare a campare e quell’assoluta inconcludenza che ne sono il marchio di fabbrica. Un “vizio” che l’ha relegata a un ruolo del tutto marginale in questo disgraziato capitolo della storia amministrativa cittadina.
Basta contare le sedute saltate “per mancanza di numero legale” (una pratica in cui i consiglieri comunali si sono dimostrati dei veri professionisti) e la qualità del lavoro prodotto per certificare il fallimento.
E allora, nell’imminenza della campagna elettorale per le prossime elezioni, noi cittadini abbiamo in mano, mai come stavolta, la possibilità di fare tabula rasa. Basta partiti e partitini, basta Caf e “votifici”, basta cricche e consorterie, basta liste mascherate di civismo o di finto associazionismo.
Dovevano essere i nostri rappresentanti nelle istituzioni, quelli più vicini a noi, le sentinelle sul territorio, i megafoni con cui gridare le nostre richieste e i nostri bisogni, a cui segnalare disagi e problemi, suggerendo le possibili soluzioni. E invece guardate come è ridotta la città.
Nella scelta di maggio ci devono guidare le parole illuminanti pronunciate dal nostro arcivescovo, mons. Luigi Renna, nel pontificale della festa di S. Agata: «Noi catanesi, abbiamo paura di una politica del “si è fatto sempre così”; che non sia frutto di scelte condivise e rinnovate. Abbiamo paura di una politica che non risolva i problemi della città, ma li complichi con amministratori poco competenti, eterodiretti, con problemi in sospeso con la giustizia, che non danno esemplarità in una città che ha al suo interno una parte della sua popolazione agli arresti domiciliari». Parole sacrosante che condividiamo in ogni sillaba.
Accogliamo, allora, l’invito a non avere paura a cambiare, a votare gente che vuole “fare” e che ha a cuore il bene di Catania. Il credito di fiducia è esaurito. Voltiamo pagina.