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L'INTERVENTO

Ascoltare tutti, pure coloro che non votano: siamo compagni di strada anche di chi si astiene

La consapevolezza di non poter rinunciare a lasciare indietro nessuno: oggi il povero è anche colui che ha rinunciato a esercitare diritti e doveri.

Di Luigi Renna* |

Ho ancora presente, nella emozionante mattinata del 7 luglio, le espressioni del Papa quando, nel “Generali Centro Congressi” di Trieste, gli presentavo brevemente i lavori della cinquantesima Settimana Sociale dei Cattolici: annuiva quando accennavo al fenomeno più palese della crisi della democrazia, l’astensionismo. Per un Papa che viene dall’America Latina, dove la crisi del popolarismo e la deriva del populismo hanno prodotto tanti guasti, non sfugge il pericolo che sta correndo il nostro Paese.

Ringrazio perciò Antonello Piraneo perché ha avuto il coraggio di tornare sull’argomento sul quale si è taciuto troppo, dimenticando che abbiamo sì inviato dei rappresentanti a Strasburgo, ma con una bassa percentuale di votanti. Chi è che non vota? Sono gli abitanti dei quartieri popolari, ma anche i giovani, le persone che vivono ai margini, i tantissimi delusi della qualità della vita. E poi, lo scetticismo sull’Europa, che è stato il poco lungimirante tam tam di alcuni politici nel passato, è entrato nelle convinzioni di molti già deboli elettori.

Ma questi uomini e donne dell’astensionismo, sono parte di un popolo di cui non dobbiamo rinunciare a sentirci compagni di strada, corresponsabili dello stesso bene comune.

A Trieste abbiamo ascoltato uno splendido discorso del Presidente Mattarella, una lezione di educazione civica sulla quale ritornare nelle nostre scuole; lì il Papa ci ha donato un discorso che ci invita alla responsabilità civile; abbiamo ascoltato notevoli relazioni; ci siamo confrontati su temi nelle piazze della democrazia e soprattutto abbiamo incontrato tanta gente che costituisce quel tessuto del cosiddetto pre-politico, che c’è, ma va alimentato e diffuso.

Finita la Settimana di Trieste rimane una consapevolezza, ma anche un metodo e delle prospettive. La consapevolezza di non poter rinunciare a lasciare indietro nessuno: oggi il povero è anche colui che ha rinunciato a esercitare diritti e doveri. Occorre ripartire da uno stile, quello dell’ascolto e del dialogo, da esercitare anche se si ritiene di stare dalla parte della ragione o di avere cultura e progetti da vendere: si tratta di agire con gli altri, non solo per gli altri.

Su cosa dialogare? Su ciò che condividiamo in questo tempo complesso e in questi spazi che si chiamano Città, Regione, Italia, Europa, mondo. È il dialogo sociale che alimenta la partecipazione: così lo chiama Papa Francesco nell’enciclica “Fratelli tutti”. Occorre ripartire dall’alfabeto del dialogo… Quanto è importante che questo lo facciamo tutti. Sogno incontri di cittadini, di politici, di presidenti di circoscrizioni, che organizzino dibattiti e incontri in cui si mettano in ascolto e non abbiano paura di essere contestati. Il buon politico sa amministrare ma sa anche, con il suo tratto, educare alla partecipazione e alla fiducia nelle istituzioni. Degli uomini forti si può rimanere delusi, prima o poi, ma da quelli che hanno a cuore la democrazia, non ci si sente mai traditi.

Non lasciamo nessuno indietro: ascoltiamo, discutiamo, diamo voce, perché la democrazia è frutto di una visione della persona, ma anche un modo di abitare la propria città e il mondo.

*Arcivescovo metropolita di CataniaCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA