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Zes: Sicilia, unica al Sud senza progetti, assente a Hong Kong

Di Michele Guccione |

La presentazione delle nuove Zes del Sud Italia al mondo istituzionale e degli operatori marittimi e portuali della Cina era prevista il mese scorso a Hong Kong, con la presenza delle autorità portuali italiane, comprese quelle della Sicilia. Ebbene, alla fine l’Isola non è stata presente anche perché, a quanto si è appreso, la Sicilia è l’unica regione del Mezzogiorno che non ha pronte le proposte delle Zes da inviare al ministero del Mezzogiorno, anzi non ha ancora neanche avviato l’iter di progettazione. Invece, hanno pronte le proposte le autorità portuali di Napoli-Salerno, Bari-Brindisi e Taranto, mentre Gioia Tauro è in fase avanzata. Ed ecco, infatti, che Napoli e Taranto hanno partecipato e proficuamente alla missione di Hong Kong.

La Sicilia, dunque, rischia di restare tagliata fuori dai nuovi flussi di merci in arrivo dalla Cina.

Perché questo ritardo? Lo spiega Pasqualino Monti, presidente dell’Autorità portuale del mare della Sicilia occidentale: «Con i colleghi della Sicilia orientale e di Messina alla fine abbiamo deciso di non andare più a Hong Kong e di presentarci alla prossima piattaforma prevista a maggio, organizzando bene la nostra rappresentanza, perché speriamo che da qui ad allora la Regione si pronunci sulla materia. La Sicilia – spiega Monti – è una Regione a statuto speciale e occorre che il governo regionale e l’Ars prendano posizione rispetto alle previsioni del Decreto Mezzogiorno, alle regole e benefici per le Zes, all’individuazione precisa delle aree che nel decreto sono genericamente indicate una in Sicilia occidentale e l’altra in Sicilia orientale».

«Il ministro De Vincenti – conclude Monti – ha già avviato le consultazioni con le amministrazioni locali competenti, ma serve una posizione ufficiale della Regione con la quale vogliamo confrontarci su tutto, a partire dal numero delle Zes, cioè se farne due o tre coinvolgendo Messina e quanti più territori possibile».

Già, la Regione. Il precedente governo non ha neanche messo mano alla questione. Alle tre autorità portuali non è rimasto altro da fare che attendere l’elezione e l’insediamento del nuovo esecutivo e, superato il rodaggio, avviare un dialogo che porti anche l’Isola a mettere a punto la proposta.

Frattanto, Pasqualino Monti cerca di recuperare il ritardo logistico dei porti che gli sono stati da poco affidati: «Entro tre mesi saranno completati i lavori alla banchina “Vittorio Veneto” del porto di Palermo – annuncia il capo dell’Authority – consentendo l’attracco a più navi da crociera. A Trapani e Porto Empedocle stiamo partendo con la progettazione dei Piani regolatori che sarà poi inviata alla Conferenza dei servizi per le autorizzazioni, perché quelli in vigore, risalenti agli anni ‘50 e ‘60, prevedono fondali adatti solo ad aliscafi e piccoli traghetti. Vanno abbassati di almeno tre-quattro metri se si vuole intercettare il traffico crocieristico o anche le grandi navi container della “Via della Seta” cinese».

Alla fine il rinvio non è stato poi un gran male. Soprattutto perché nella missione a Hong Kong dal 21 al 24 novembre scorsi, organizzata dal Propeller club di Milano con l’Associazione Italia-Hong Kong, Invest Hong Kong e Hong Kong Trade Development Center con la partecipazione di 32 rappresentanti dei porti, della logistica e delle spedizioni, è grazie al supporto scientifico del centro studi Srm di Napoli che fa capo a Intesa Sanpaolo che è stato possibile verificare che le Zes di successo create in Cina sono concepite in modo opposto al modello italiano. Così, se la Regione volesse prenderne atto e modificare qualcosa, sarebbe in tempo a farlo avvantaggiando i nostri porti che parteciperanno alla missione di maggio. «Stiamo studiando il modello di gestione e sviluppo delle Zes cinesi – dice Alessandro Panaro, responsabile “Maritime & Mediterranean Economy” di Srm – partendo dalla visione italiana, che è quella di concepire una Zes come dei terreni messi a disposizione a imprese che beneficiano di incentivi e non pagano tasse a lungo termine. La Cina invece lega fortemente le Zes ai porti, nel senso che lo sviluppo delle imprese manifatturiere e logistiche è correlato allo sviluppo dei porti: più imprese si insediano, più si ingrandiscono il porto, la Zes e le aree retrostanti».

Panaro parla di Shenzhen (nella foto), «una delle più grandi ed efficienti del mondo – racconta – , che abbiamo visitato nella missione. Una free zone nata nel ‘79 dove sorgeva un piccolo villaggio. Oggi è il terzo porto al mondo e movimenta 20 milioni di Teu. Le imprese vengono qui perché interessate ad un porto forte ed efficiente. Questo è governato non da amministratori pubblici, ma da una società manageriale, la Cmp, un colosso che gestisce il porto e la Zes insieme, fornisce tutti i servizi a chi si vuole insediare, dà permessi e consulenza anche su finanziamenti, organizza puntualmente le spedizioni e costruisce persino le case per il personale. Poiché qui si risparmia su tempi e costi e all’impresa conviene, così come al governo interessa che le imprese paghino le tasse, gli incentivi non sono eterni, ma dopo 15-20 anni si pagano le tasse. Malgrado ciò la Zes continua ad attirare investimenti, si autofinanzia e alimenta nuovi investimenti».

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