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Via della Seta, Italia avanti con la Cina: ma la Sicilia non può restare marginale

Di Tony Zermo |

CATANIA – Sabato 23 marzo il leader cinese Xi Jinping sarà in Sicilia, a Palermo. È stato il presidente della Repubblica Mattarella a invitarlo in Sicilia nel quadro della sua prossima visita in Italia. Un avvenimento molto importante ed è strano come quasi nessuno ne parli. Può dare l’avvio ad una rivoluzione epocale per il nostro Paese, ma c’è scarsa attenzione. La visita di Xi è di importanza enorme perché viene a chiedere all’Italia di diventare un membro importante di una nuova alleanza di cui la Via della Seta costituisce l’elemento centrale per esportare i prodotti cinesi a basso costo in tutta Europa. L’Italia – ha fatto sapere oggi il premier Conte suscitando non poche polemiche – ha già redatto con la Cina un memorandum, negoziato per molti mesi che «imposta la collaborazione in modo equilibrato e mutualmente vantaggioso». Il premier esclude che alla fine possa non arrivare la firma: «Non ci sono ragioni ostative per non finalizzare il lavoro compiuto in questi mesi».

«L’Italia – precisa Conte sulla questione – formalizza in modo trasparente la cornice entro cui avviare questa collaborazione», «senza mettere minimamente in discussione la sua collocazione euroatlantica». Ai timori del vice Salvini sull’accordo, il premier risponde: «Nessun rischio di colonizzazione. Le ragioni della prudenza sono pienamente condivise all’interno del governo: la tutela della sicurezza nazionale, anche sul piano economico, è un valore fondamentale che intendiamo rafforzare». E agli Usa, per i quali potrebbe risultare “opaco”: «Nessun rischio del genere, come si potrà constatare dalla lettura dell’accordo».

Non è singolare rinviare sulla Tav e poi dire sì al progetto Via della Seta?, gli viene chiesto. «La Tav ormai è un’ossessione nazionale. Ci sono centinaia di cantieri sul territorio che possiamo far ripartire grazie al decreto legge che anticiperà la riforma del codice degli appalti. Già in settimana apriremo un tavolo con le Regioni, con Anci e con Ance per sbloccare le opere ferme in tutta Italia. Operiamo per un futuro di crescita e sviluppo e – aggiunge – il memorandum con la Cina offre preziose opportunità per le nostre imprese».

La Cina non solo ha accumulato negli anni grandi quantità di debito pubblico italiano, ma sarebbe l’unico Paese in grado di aiutare il governo italiano finanziando il deficit. Pechino può apparire come un mitico “cavaliere giallo” che arriva per aiutare l’Italia in crisi. Naturalmente non lo fa solo per simpatia. La Cina ha fatto importanti investimenti in Italia, le esportazioni italiane in Cina sono in costante aumento, piani industriali cino-italiani sono già studiati e in parte realizzati. Va inoltre ricordato come da quattro anni l’Italia, con Francia, Germania e Gb, è entrata – con una quota pari al 15% – nella Asian Infrastructure, definita come la risposta cinese alla Banca mondiale, una istituzione che finanzia infrastrutture largamente funzionali alla Via della Seta.

Perché la Cina propone solo all’Italia una collaborazione più stretta? Perché l’Italia è la maggiore potenza industriale dell’Europa meridionale, direttamente toccata dalla Via della Seta e i cinesi ne farebbero volentieri un importante terminal del loro commercio mondiale. Tutto questo agli Stati Uniti non piace, ma Conte assicura che li convincerà che l’Italia resta una salda alleata degli americani. Naturalmente bisogna agire con attenzione senza dimenticare che siamo un Paese dell’Ue.

Ma a questo punto vorrei ricordare anche che la Sicilia in anni abbastanza recenti, ha avuto contatti approfonditi con le autorità cinesi (per il porto di Augusta e l’interporto di Catania, oltre che per gli aeroporti) e che c’era un piano per rivoluzionare la Sicilia e le sue infrastrutture, Ponte compreso. Sembrava quasi fatta per l’arrivo dei cinesi in Sicilia, l’allora direttore dei rapporti esterni della Regione, Francesco Attaguile, aveva ripetuti incontri con l’ambasciatrice cinese a Roma, era stata preparata anche una visita del governatore Lombardo a Pechino. Poi scese il silenzio, i colloqui si interruppero forse perché Crocetta, subentrato a Lombardo, fece attendere per ore in sala d’aspetto un alto ministro cinese.

Ora la domanda è questa: è possibile riprendere quei colloqui per coinvolgere la Sicilia nella Via della Seta? Il premier Conte (e prima di lui Gentiloni) ha indicato Trieste come porto d’approdo della Via della Seta marittima, dimenticando però che il porto di Augusta – attenzionato un paio di anni fa da varie delegazioni cinesi – è molto più vicino al Canale di Suez che non Trieste. Augusta farebbe risparmiare almeno due giorni di navigazione alle navi portacontainer cinesi. E la Sicilia, che prima interessava così tanto Pechino, potrebbe avere un suo ruolo, anche perché Trieste non solo è lontana da Suez, ma non potrebbe assorbire tutto il traffico di merci cinesi in Europa. Insomma, c’è un’altra occasione, non perdiamo anche questa.

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