L'analisi
Sviluppo in Sicilia: ancora 4 anni per arrivare ai livelli del 2008 e recuperare perdite
Il report di Svimez-UniCt analizza i diversi settori a cominciare da quello più in salute, il manufatturiero
La Sicilia, fra le tante carenze storiche, sconta la mancanza, da almeno vent’anni, di serie e concrete politiche attive del lavoro. Così a un’istituzione seria come la Svimez, che ha dedicato alla Sicilia un’indagine specifica, non è rimasto altro da fare che classificare alla stregua di “politiche attive del lavoro” i recenti investimenti in infrastrutture, che ammontano a poco più di 18 miliardi da spendere entro il 2026, e ne ha calcolato gli effetti su economia e occupazione.
L’analisi, firmata dal presidente della Svimez, Adriano Giannola, e da Armando Castronuovo dell’università di Catania, parte da un settore manifatturiero insolitamente in salute: a fine 2020 cresceva dello 0,4% sul 2019, mentre l’Italia segnava un -1,2%. Ma gli occupati dal 2008 al 2019 sono scesi da 165mila a 130mila e il valore aggiunto da 11 a 6,5 miliardi. Però nel campione considerato il valore aggiunto medio è cresciuto da 1,3 milioni del 2010 a 1,9 milioni nel 2019 (+9,9%). Quasi tutti i settori dell’Isola mostrano un tasso di crescita superiore rispetto ai dati nazionali del 2019. E proprio quell’anno il tasso di crescita degli occupati è il 3% contro il 2,2% medio del Paese. Anzi, nelle aziende medio-grandi raggiunge il +6,2%. La novità ora sono le Zes, che includono fra 1.376 e 1.448 aziende, con un tasso di densità di 2,8 ogni diecimila abitanti.
Su questa condizione calano ora investimenti per 18,2 miliardi assegnati per dotare l’Isola di un sistema di trasporto necessario a cambiare il volto dell’economia: 13,1 miliardi per la rete ferroviaria, 1,75 per la rete elettrica, 2 miliardi per le strade, 170 milioni per la digitalizzazione, 600 milioni per il Cas, 230 milioni per i porti della Sicilia orientale e 391 per quelli della Sicilia occidentale. Risorse da spendere entro il 2026. «Si tratta – scrive la Svimez – di un imponente piano di spesa pubblica indirizzato a sostenere l’accumulazione di capitale fisico: oltre i 2/3 è destinato alla costruzione di nuove tratte ferroviarie, con radicali interventi di ammodernamento dei percorsi e l’acquisto di nuovo materiale rotabile, nuovi locomotori, raddoppio delle linee, degli impianti e lavori di estensione dell’elettrificazione alla totalità della rete, per dotare la regione di una modalità di trasporto ad alta velocità di rete, che non significa alta velocità di punta, ma un miglioramento degli standard qualitativi con tempi e costi di spostamento concorrenziali rispetto al trasporto su gomma». Gli effetti? L’indagine calcola «un incremento di produzione di 43,1 miliardi. La notevole crescita del valore aggiunto, circa 20,5 miliardi, riporta l’economia della regione, già nel 2026, ai livelli precedenti lo shock finanziario del 2008 e la crisi del 2011. Il valore aggiunto totale si spinge nel 2026 oltre i 100 miliardi. Anche il fattore lavoro segue l’andamento: il numero di lavoratori a tempo pieno aumenta di circa 405 mila unità, alla fine del processo d’investimento, che, sommati ai 1 milione e 478 mila previsti dal tendenziale, raggiungono un livello occupazionale complessivo, nella regione, di 1 milione e 884mila lavoratori». Per ogni euro speso si genereranno investimenti aggiuntivi per 2,54 euro e 1,21 euro di valore aggiunto. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA