Dopo le imprese, 50mila quelle a rischio fallimento, è la volta dei condomini che potrebbero essere chiamati a pagare cifre inaspettate, con la conseguenza che potrebbero essere milioni le case pignorate e quindi messe all’asta.
Il blocco della cessione del credito, maturato con il Superbonus 110%, sta producendo effetti devastanti: «In questi giorni -spiega Giuseppe Izzo, ceo di Uese Italia spa, una delle società che assiste le imprese per la richiesta della Soa, l’attestazione che permette alle aziende edili di partecipare ad appalti pubblici- gli intermediari che si erano, nell’ambito di un accordo quadro, impegnati ad anticipare le spese per la ristrutturazione di edifici e appartamenti stanno inviando ai general contractors delle lettere in cui li invitano, senza alcun onere aggiuntivo, a sciogliere ogni tipo di legame. Con ricadute facilmente immaginabili».
Lettere che arrivano dopo che, da novembre scorso, si sono interrotti i pagamenti alle imprese stesse: «Non riceviamo soldi – afferma Nicolò Di Marco, responsabile tecnico della Diemme General Building- da ormai quattro mesi e, per questo, siamo stati costretti a fermare i lavori. Sta così accadendo l’inverosimile, con i cantieri fermi e le famiglie, alle quali si era promesso di eseguire la ristrutturazione a costo zero, totalmente disorientate. Un caos che, da qui a fine anno, potrebbe aprire scenari davvero molto inquietanti. Chi tirerà fuori ora questo denaro? Chi permetterà di completare quanto iniziato? Come si sbloccherà una situazione di totale stallo e pericolosa da un punto di vista economico? Le risposte al momento mancano».
«La situazione attuale mette a serio rischio la riqualificazione energetica e sismica del patrimonio edilizio italiano- aggiunge l’architetto Giulia Latessa, direttore Generale della PV Services srl di Vicenza, partner tecnico di numerosi general contractors italiani. Cantieri interrotti che rischiano di non ripartire mai più, insieme a progetti presentati e non più realizzabili, ci restituiscono una visione futura del tessuto urbano ben peggiore di quella che avremmo dovuto, e voluto, consegnare ai nostri figli».
Conseguenze che riguardano sì le aziende, ma anche chi ha deliberato di intervenire a costo zero: «Gli intermediari -spiega ancora Izzo- hanno, fino a novembre, sostenuto economicamente le imprese facendosi cedere il credito e, quindi, ottenendo un margine pari o superiore al 10%. In base a questo presupposto, confermato da accordi con i general contractors, sono arrivate migliaia di delibere condominiali che hanno dato l’ok per l’esecuzione dei lavori senza dover sborsare, almeno teoricamente, un euro. Ora tutto questo viene messo drammaticamente in discussione, tanto che diverse imprese edili si stanno rivolgendo ai proprietari di casa per ottenere il denaro necessario per procedere al completamento dell’opera iniziata. Una cifra che va dai 25mila ai 30mila euro che spesso non può essere onorata da chi, senza la garanzia della cessione del credito, non avrebbe mai dato il via libera alla ristrutturazione del proprio immobile».
Molte famiglie insomma non hanno i soldi necessari per poter onorare un eventuale debito che, di fatto, non pensavano di dover contrarre: “Il rischio -afferma il Ceo di Uese Italia spa- è che, a partire da settembre di quest’anno, molti proprietari rischiano di vedere le loro abitazioni essere oggetto di pignoramento fino alla messa all’asta. Milioni di appartamenti che rischiano di essere persi dai legittimi proprietari che, di fatto, si sono limitati a fidarsi dello Stato. Un problema serio che riguarda in particolare chi ha iniziato ad eseguire i lavori a partire da ottobre dello scorso anno. Una beffa che fa il paio con le difficoltà che i costruttori stessi e i relativi subappaltatori stanno vivendo in queste settimane. Ricorrere al fallimento sembra, al momento, essere l’unica strada percorribile».
I cittadini ignari da un lato e le imprese edili dall’altro che stanno per portare i libri in Tribunale: «Sono in migliaia -sostiene l’architetto Latessa- quelle che stanno ragionando in tal senso. Almeno 50mila, con una perdita stimata di circa 500mila posti di lavoro. Un disagio enorme che sottintende debiti per centinaia e centinaia di milioni di euro. Una soluzione va trovata perché qui è in gioco il sistema Paese. Con il blocco della cessione del credito, si mina l’economia reale, quelle piccole e medie attività che, da sempre, rappresentano un punto di riferimento essenziale. Da noi, è un pellegrinaggio continuo di imprenditori che sono ormai sul lastrico. Intervenire, e farlo subito, è un dovere. Un dovere per chi si è fidato dello Stato e delle sue norme».