Sicilia, fallimenti in calo del 42% e tornati ai livelli pre crisi

Di Redazione / 15 Giugno 2018

I segnali di ripresa dell’economia siciliana potrebbero trovare un ulteriore slancio grazie alla riforma della legge fallimentare. L’indicatore che fa ben sperare che i tempi più oscuri in Sicilia siano passati è proprio quello dei fallimenti: il numero di pubbliche e medie imprese uscite dal mercato nel Sud, infatti, è tornato su livelli fisiologici, con netti cali di fallimenti (-25 per cento tra 2016 e 2017), di procedure concorsuali (-18 per cento) e di chiusure volontarie (-26 per cento). In Sicilia il calo nell’ultimo anno è stato nettissimo, con un 42 per cento in meno di fallimenti e un 36.9 per cento di Pmi messe in liquidazione.

Anche nei primi tre mesi del 2018 è proseguito il calo dei fallimenti e delle altre procedure concorsuali, giunte ormai vicine ai livelli pre-crisi.

E’ quanto è emerso dal convegno, organizzato dall’Università telematica Leonardo da Vinci con il coinvolgimento dei locali ordini professionali dei commercialisti e degli avvocati di Palermo, dal titolo I nuovi orizzonti della crisi di impresa. Riflessioni sulla riforma dal punto di vista del diritto fallimentare, penale e tributario, a Palermo. Al centro del dibattito la legge 155/2017 che riforma i principi e gli istituti di gestione della crisi di impresa e dell’insolvenza.

“Il tema della rapida soluzione delle crisi aziendali tramite strumenti efficaci – ha detto il commercialista Corrado Ferriani, esperto in procedure concorsuali e docente in Diritto penale dell’impresa – rappresenta uno dei volani per far ripartire l’economia e per concedere all’imprenditore sfortunato ma onesto la cosiddetta seconda chance. Se la riforma Rordorf non troverà il suo naturale sbocco con la pubblicazione dei decreti attuativi entro il prossimo ottobre, le imprese italiane e le sezioni fallimentari dei tribunali continueranno a cimentarsi con una norma vecchia del 1942 che certamente ostacolerà questo percorso di ripresa economica”. 

Si è parlato anche degli aspetti etici legati alla crisi di impresa. Nel primo semestre del 2017, sono state 47 le persone che si sono tolte la vita per ragioni economiche, secondo l’Osservatorio Suicidi per motivazioni economiche istituito all’interno di Link Lab, il laboratorio di ricerca sociale della Link Campus University. Ben 822 quelli dal 2012. La fascia d’età maggiormente colpita resta tra quella dei 45 e i 54 anni, che raccoglie complessivamente circa il 35 per cento del totale dei suicidi. Quelli legati a motivazioni economiche si registrano per lo più al Centro e al Sud, con in testa la Campania e le Marche.

Il fenomeno continua a coinvolgere in misura più rilevante gli imprenditori rispetto ai disoccupati: dal 2012 al 2017, infatti, rappresentano il 42,8 per cento i titolari d’azienda che si sono tolti la vita per ragioni economiche; di questi, il 31,3 per cento nel solo Nord-Est. Rappresentano invece il 40,1 per cento del totale dei suicidi registrati da gennaio 2012 a giugno del 2017, i disoccupati, collocati prevalentemente al Sud (27,9 per cento) e nel Centro Italia (22,7 per cento), nonostante si assista a un loro progressivo incremento.

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