PALERMO – Per la pandemia la Sicilia paga un conto salatissimo. L’analisi della Cgia di Mestre, che ha rielaborato dati Istat e Prometeia, è impietosa: il crollo del Pil, secondo lo studio, trascina la Sicilia indietro di ben 34 anni, (1986) con una perdita di ricchezza senza eguali nel Paese, che arretra di 22 anni (1998).
Nell’isola la crisi provocata dal Covid-19 avrebbe bruciato 7,5 miliardi di euro nel 2020. In termini di valore aggiunto, per la Cgia, ogni siciliano in un anno ha perso 1.307 euro (-8,4 punti): a Siracusa 1.500 euro in meno, a Ragusa 1.451 euro, a Palermo 1.355, a Catania -1.352, a Messina -1.320, a Caltanissetta 1.235, a Trapani -1.154, ad Agrigento – 1.099, a Enna -1.051 euro. Crolla l’occupazione.
La Sicilia è la quarta regione per posti di lavoro andati in fumo, con un calo del 2,9% (-39 mila posti). Fanno peggio la Calabria, la Campania e la Valle d’Aosta.
Gli artigiani mestrini precisano che i dati emersi nell’elaborazione sono «sicuramente sottostimati». Aggiornati al 13 ottobre scorso, non tengono conto infatti degli effetti economici negativi che deriveranno dagli ultimi Dpcm introdotti in queste ultime due settimane. In questa elaborazione inoltre la previsione della caduta del Pil nazionale dovrebbe sfiorare quest’anno il 10%, quasi un punto in più rispetto alle previsioni comunicate il mese scorso dal Governo attraverso la Nadef.
La preoccupazione, aggiunge la Cgia, riguarda la tenuta occupazionale. Se nei prossimi mesi il numero dei disoccupati fosse destinato ad aumentare a vista d’occhio, la tenuta sociale del Paese sarebbe a forte rischio. Grazie all’introduzione del blocco dei licenziamenti, quest’anno gli occupati scenderanno di circa 500 mila unità. Un dato certamente negativo, ma lo sarebbe ancor più se la misura non fosse stata introdotta dal Governo nel marzo scorso.
In termini percentuali sarà sempre il Mezzogiorno la ripartizione geografica del Paese a subire la contrazione più marcata (-2,9% pari a -180.700 addetti). Sicilia (-2,9%), Valle d’Aosta (-3,3%), Campania (-3,5%) e Calabria (-5,1%), invece, saranno le regioni più «colpite».
Tra le 20 regioni monitorate dall’Ufficio studi della Cgia solo il Friuli Venezia Giulia, invece, sembra registrare una variazione positiva (+0,2%), pari in termini assoluti a +800 unità. Un risultato, quest’ultimo, che, comunque, nelle ultime settimane è peggiorato notevolmente e che a consuntivo potrebbe diventare negativo