Se i corsi di laurea sono lontani dalla realtà: le difficoltà a trovare occupazione dopo anni di studi

Di Redazione / 17 Marzo 2024

Il rischio che dopo anni di sacrifici ci si ritrovi con in mano il fatidico “pezzo di carta” è concreto. E lo evidenziano i dati che anticipano il convegno di domani allo Steri sull’orientamento universitario. «In cinque anni in Sicilia il divario tra formazione terziaria e sbocco lavorativo è quasi raddoppiato: nel 2019 le imprese faticavano a trovare un laureato su tre posti di lavoro offerti, adesso la difficoltà è salita a uno ogni due. E un laureato su due, così, è a spasso», ha detto Maurizio Adamo, presidente della Consulta regionale dei consulenti del lavoro. «Da un lato ci sono troppo pochi laureati (quasi il 30% dei giovani fra i 25 e i 34 anni, contro la media europea del 42%); ma, dall’altro lato, pesa una preparazione spesso non legata alle esigenze delle imprese, unita alla mancanza di esperienza pratica – analizza Adamo – Ne consegue che, come calcola Almalaurea, a un anno dalla laurea, a parità di ogni altra condizione, i laureati che risiedono al Nord o al Centro hanno, rispettivamente, il 32,1% e il 12,7% di probabilità in più di trovare un’occupazione rispetto a quanti risiedono nel Mezzogiorno».

Percorsi

Per il presidente regionale della Consulta «occorrono, dunque, corsi di laurea sempre più incentrati sull’interdisciplinarità, per tenere conto della grande complessità e velocità di cambiamento che il mercato del lavoro sta vivendo in questo periodo storico. I corsi di laurea, in particolare, vanno sempre più intesi come percorsi che devono andare oltre la mera preparazione tecnico-scientifica, ampliando i propri orizzonti verso tematiche talvolta lontane dall’attuale contenuto formativo. Infatti, il Bollettino Excelsior di Unioncamere e Anpal ha messo in luce il fatto che tra le competenze più richieste dalle imprese per gli ingressi del 2023 in Sicilia, si annoverano la flessibilità e l’adattamento, la capacità di lavorare in gruppo, le competenze digitali, linguaggi e metodi matematici e informatici, le tecnologie 4.0, il risparmio energetico e la sostenibilità ambientale, il problem solving».

«In più, per il futuro – gli fa eco Antonino Alessi, presidente dell’Ordine dei consulenti del lavoro di Palermo – l’impatto delle tecnologie digitali e della transizione verde è destinato a esasperare queste contraddizioni. Le proiezioni sui nuovi fabbisogni configurano una crescita rilevantissima della domanda di figure tecniche specializzate e un progressivo raddoppio della relativa quota sul totale della domanda di nuove assunzioni (32%), anche per il contributo offerto dalla ripresa degli ingressi nella Pa. Più in generale, nel 53,1% dei casi è richiesta ai laureati un’esperienza specifica, nel 34,5% un’esperienza un po’ più ampia ma nello stesso settore, e nel 6% un’esperienza generica. Solo nel 6,4% dei casi non è richiesto alcun tipo di esperienza. Ed è dimostrato che un laureato che svolge un tirocinio aumenta del 4,3% la possibilità di trovare lavoro».

Assunzioni e tirocini

«Per investire sull’adeguamento della formazione – conclude Alessi – occorrono risorse, ma in Sicilia si avverte un forte squilibrio, dato che la maggior parte dei fondi europei, nazionali e regionali è destinata a incentivare l’offerta di lavoro (assunzioni) piuttosto che a sostenere una più adeguata preparazione dei candidati che li renda più occupabili attraverso tirocini in azienda e aggiornamento delle competenze. Il risultato è che, secondo i calcoli della Fondazione studi dei consulenti del lavoro, si batte solo sugli sgravi contributivi, ma su 100 assunzioni incentivate solo il 35,5% risulta ancora attivo dopo tre anni».

«In Sicilia – analizza Vincenzo Silvestri, presidente nazionale della Fondazione consulenti per il lavoro – è positiva l’iniziativa dell’Università di Palermo che finanzia direttamente tirocini curriculari di propri studenti presso le aziende convenzionate. È un ottimo esempio che andrebbe replicato su vasta scala beneficiando delle risorse della prossima programmazione delle Politiche di coesione 2021-2027. Infatti, un primo esempio di cambiamento nelle politiche attive arriva proprio da un simile strumento, il programma “Garanzia occupabilità lavoratori”, finanziato dal Pnrr, con cui la Regione sta curando la riqualificazione professionale e l’aggiornamento delle competenze dei soggetti deboli del mercato del lavoro, come i percettori di ammortizzatori sociali e di Rdc. Allo scorso 31 gennaio risultavano presi in carico da Gol ben 249.770 soggetti, di cui 97.058 avviati a percorsi di reinserimento lavorativo, 59.193 in aggiornamento delle competenze, 83.388 in riqualificazione professionale e 10.131 in misure di lavoro e inclusione; di questi, 48.661 sono stati inseriti in una politica attiva e 41.360 sono stati occupati dopo 6 mesi. Anche la riforma del Reddito di cittadinanza ha introdotto percorsi di formazione e lavoro con la piattaforma digitale per l’inclusione sociale e lavorativa (Siisl), nella quale sono stati coinvolti sinergicamente tutti gli attori del mercato del lavoro per favorire l’occupazione dei soggetti più fragili della nostra società. Questi risultati positivi – è la tesi di Silvestri – ci spingono a proporre di replicare su vasta scala un simile modello per rendere più efficace il rapporto fra università, Its e mercato del lavoro»

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Pubblicato da:
Alfredo Zermo