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INFRASTRUTTURE
Ponte, Salini (Webuild): «Entro febbraio il progetto definitivo». Ma si riaccende la disputa sulle faglie dello Stretto
L'amministratore delegato dell'azienda che fa parte del consorzio Eurolink: «L'opera tecnicamente si può fare, ma la decisione è politica», Riaffiorano però i dubbi sulla zona sismica
«Costruire o meno il Ponte sullo Stretto di Messina è una scelta politica e non tecnica, quello che possiamo affermare è che come Gruppo con la filiera abbiamo tutte le competenze tecniche e le tecnologie per realizzarlo bene, senza rischi, e nel massimo rispetto della legalità, come dimostriamo ogni giorno in Italia e nel mondo progettando, realizzando e consegnando opere complesse». È quanto ha dichiarato Pietro Salini, Amministratore Delegato Webuild, ospite oggi di ReStart su Rai 3, secondo il quale il progetto definitivo dell’opera arriverà entro febbraio con l’approvazione del Cipess. Dopo verrà redatto il progetto esecutivo.
«Questo progetto si inserisce in un piano di investimenti infrastrutturali molto più ampio portato avanti dal Governo Meloni e dal Ministro Salvini. Realizzare quest’opera significa dare ai 5 milioni di cittadini siciliani l’opportunità di essere connessi al Paese come tutti gli altri, con gli stessi diritti – ha aggiunto -. Significa concretizzare un piano articolato di infrastrutture facendo sì che l’alta velocità ferroviaria su cui abbiamo già investito in Italia oltre 100 miliardi di euro raggiunga la Sicilia, dove forse mai come in questo momento si stanno realizzando ingenti investimenti in infrastrutture».
«Dobbiamo immaginare un ampio piano di sviluppo infrastrutturale per la Sicilia nell’ambito del quale abbiamo lavorato ad un piano in grado di affrontare e risolvere in due anni il grave problema dell’acqua e della siccità con intervento di mercato di investitori interessati, rispondendo a quanto richiesto dalla Regione Siciliana – ha sottolineato l’Amministratore Delegato di Webuild -. Come dimostriamo ogni giorno con gli impianti realizzati in Medio Oriente, con il nostro piano possiamo metter fine una volta per tutte all’emergenza idrica di cui soffrono oltre 2,3 milioni di siciliani in aree critiche, soggette a razionamento dell’acqua e aggravate dal precario stato di conservazione delle reti acquedottistiche e del sistema dei bacini di accumulo», ha proseguito Salini.
«Con il progetto del Ponte l’Italia si proietta sulla scena mondiale con un’opera incredibile dal punto di vista ingegneristico e trasportistico. Il progetto comprende anche importanti opere di collegamento sui versanti Sicilia e Calabria funzionali al Ponte, opere non funzionali al Ponte e opere di mitigazione ambientale, perché unite, Reggio Calabria e Messina danno luogo ad una grande metropoli – ha aggiunto -. In Sicilia, infatti saranno realizzate tre fermate ferroviarie in sotterraneo che, unite alle stazioni di Villa San Giovanni, Reggio Calabria e Messina, daranno concretezza al sistema metropolitano interregionale per l’area dello Stretto, una metropolitana al servizio dei suoi oltre 400mila abitanti. In Calabria, tra le altre cose, sarà realizzato un centro direzionale multifunzionale».
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Il Progetto del Ponte «è stato assegnato al consorzio Eurolink a seguito di una gara internazionale, e oggi Webuild è al lavoro con gli spagnoli di Sacyr, con cui abbiamo già realizzato la straordinaria opera dell’ampliamento del Canale di Panama, e i giapponesi di IHI, specializzati nel settore ponti e cavi. Con queste competenze il Ponte si può fare», ha detto ancora Salini, che per quanto riguarda il tema delle faglie, ricorda che è necessario far chiarezza su cosa sia una faglia.
La crosta terrestre
«Di faglie inattive ce ne sono infinite e ovunque nella crosta terrestre, anche in zone non soggette a rischio sismico, come, ad esempio, sotto il centro di Milano. Solo le faglie attive e capaci vanno tenute in considerazione nella progettazione delle opere. La faglia di cui si è parlato tanto in questi giorni non lo è, grandi ponti sospesi vengono costruiti in aree fortemente sismiche come il Ponte di Akashi Kaikyo in Giappone, che ha resistito al devastante sisma di Kobe del 1995, e il Ponte di Çanakkale in Turchia, che attraversa lo stretto dei Dardanelli con una campata centrale di 2023 metri, e che è stato costruito proprio sulla base del modello di impalcato elaborato per il Ponte sullo stretto di Messina. Questi esempi dimostrano che è possibile realizzare strutture sicure e durature anche in zone ad alta pericolosità sismica e contesti geologicamente complessi. Che il Ponte si possa fare è un fatto, che è sicuro è un altro fatto, se si vuole fare o meno è una scelta per l’Italia», ha concluso Salini.
La faglia di Cannitello
Ma proprio sulle faglie si riaccende la polemica. Secondo Mario de Miranda, ingegnere e progettista di ponti e strutture l’affermazione – riportata negli scorsi giorni da Stretto di Messina – secondo cui «il posizionamento delle fondazioni della torre lato Calabria su sistemi di faglie attive non è supportato da alcuna evidenza scientifica», sarebbe «in totale contraddizione» con quanto riportato nel progetto del ponte.
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Per quanto riguarda la faglia di Cannitello, la società Stretto di Messina aveva ribadito che «non è sismogenetica, ovvero in grado di produrre scuotimento sismico del suolo». Il Ponte, aveva detto la Stretto, «è stato pertanto progettato per resistere, con margine sicuro, al più forte sisma attendibile nell’area, cioè un evento simile al terremoto di Messina del 1908».
Ma l’ingegnere De Miranda oggi sottolinea che il «disegno di progetto n. PB_0010» «mostra chiaramente la presenza di una faglia sotto il pilone lato Calabria, definita “certa” nel disegno stesso, e qualificata come “attiva” in quello numero AMW_3010 che mostra chiaramente che l’area in cui cade la faglia e la fondazione del pilone lato Calabria è definita area di faglie attive». Dunque, prosegue, «la stessa Eurolink dichiara il posizionamento del pilone proprio sopra la faglia Cannitello, circostanza altamente imprudente, oltre che vietata dalle linee guida della Protezione civile».
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Quanto alle «prospezioni geosismiche» che sarebbero state effettuate dai ricercatori di Ingv, «né nella documentazione di progetto né in quella di risposta in ambito Via-Vas ve n’è alcuna evidenza», prosegue. Queste indagini «normalmente vengono effettuate per evidenziare la presenza di faglie geologiche – commenta l’ingegnere -, per cui si deve ritenere che tali prospezioni non esistano, non essendo pensabile che, data la loro importanza, non siano state incluse nei documenti che dovrebbero dimostrare la fattibilità dell’opera».
De Miranda ragiona anche sul computo metrico del 2011 e aggiornato nel 2023, che sarebbe la base per la stima dei 13,5 miliardi per la realizzazione dell’opera: «Computo metrico aggiornato che però non è stato incluso nei documenti di progetto – afferma – non risulta possibile alcuna verifica sulla sua correttezza, né risulta verificata la sua esistenza».
Riguardo ai cavi portanti, Stretto di Messina ha dichiarato che le «prove di fatica da sfregamento» sarebbero a suo dire «utili unicamente a definire dettagli progettuali, non la tenuta». Affermazione che per De Miranda «non corrisponde al vero in quanto le prove “a fatica” si effettuano sempre per verificare la resistenza della fune dopo l’indebolimento in essa indotto dallo sfregamento e dai ripetuti cicli di carico dovuti al numerosissimo passaggio dei treni – afferma -. Questo vale anche in caso di modifica della sella di alloggiamento dei cavi in quanto permangono i due elementi indebolenti: lo sfregamento dei fili contro la sella su cui si appoggiano e l’elevato numero di cicli di carico».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA