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Mutui alle stelle e tassi mangia stipendi: a soffrire di più sono le famiglie del Sud

Rapporto Fabi sull'impatto degli incrementi dei tassi: shock finanziario in arrivo per le famiglie e di reddito progressivamente eroso

Di Laura Cafaro |

La lotta all’inflazione portata avanti dalla Bce a colpi di rialzi dei tassi mangia gli stipendi delle famiglie italiane. Un punto percentuale del reddito viene bruciato dall’aumento degli interessi da pagare su mutui, prestiti e credito al consumo. A fare i calcoli è la Fabi che in un rapporto sull’impatto degli incrementi dei tassi parla di shock finanziario in arrivo per le famiglie e di reddito progressivamente eroso.

La quota delle rate rispetto al reddito disponibile, spiega il sindacato dei bancari, è passata dal 9,50% del 2019 al 10,55% di marzo scorso. Ma, se si tiene conto degli altri successivi aumenti del costo del denaro fino all’ultimo di luglio che ha portato i tassi Bce al 4,25%, la percentuale non può che salire ancora.

L’impoverimento colpisce maggiormente le fasce più fragili proprio perché più a rischio insolvenza e lo scarso livello di affidabilità finanziaria si traduce nella penale di costi più alti. Ne è un chiaro esempio il caso dei mutui, con l’Italia che appare divisa in due: i prestiti per comprare casa sono meno cari al Nord, mentre gli interessi sono alle stelle nel Mezzogiorno e nelle Isole. I tassi praticati dalle banche sono più salati per le famiglie italiane che vivono nelle regioni economicamente meno sviluppate (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise e Puglia) oltre che in Sardegna e Sicilia.

Nelle Isole, la media dei tassi d’interesse è del 4,23% e nel Mezzogiorno è al 4,18%, contro il 4,10% del dato nazionale. Le famiglie residenti nelle aree settentrionali godono, invece, di condizioni sui mutui più favorevoli: nel Nord Ovest la media dei tassi è pari al 4,09%; nel Nord Est, invece, i tassi medi sono quelli più bassi d’Italia, cioè 3,99%.

«Le differenze territoriali sul costo dei mutui dipendono da alcuni fattori di rischio – spiega il segretario della Fabi, Lando Maria Sileoni – il Sud e le Isole sono, purtroppo, più indietro economicamente rispetto al Nord. I numeri dei fallimenti di imprese o di difficoltà economica sono numericamente più rilevanti e le famiglie faticano a pagare le rate dei prestiti e dei mutui. Per le banche il fattore rischio quindi è maggiore, anche se in questi ultimi tempi c’è più disponibilità da parte degli istituti di credito e più sensibilità rispetto a prima ai problemi di famiglie e imprese».

Per Sileoni la soluzione all’inflazione galoppante non può dunque essere solo la stretta monetaria, ma deve includere anche il controllo dei prezzi e il rinnovo dei contratti per un conseguente aumento degli stipendi.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA