Le imprese aderenti a Fipe Sicilia, la federazione dei pubblici esercizi, spegneranno le insegne dalle 20 del 15 settembre per protestare contro il caro bollette. «Una situazione – ha affermato il presidente Dario Pistorio presentando l’iniziativa nella sede regionale di Confcommercio a Palermo – che ci porterà all’inaridimento della già problematica economia siciliana, alla perdita del lavoro per i collaboratori e i titolari d’azienda. Ma era questo quello a cui puntavamo dopo il Covid?».
Alla conferenza stampa erano presenti Antonio Cottone, vicepresidente vicario, e presidente provinciale Fipe Palermo, Giovanni Trimboli, presidente del sindacato ristoratori di Catania, e Gianluca Manenti, presidente Confcommercio Sicilia. "Ogni giorno che passa, man mano che arrivano le varie bollette – ha spiegato Pistorio – il comparto va sempre più in tilt. In pochi, con questi chiari di luna, se la sentono di andare avanti. Le nostre stime? Parlano della chiusura in Sicilia di circa 4.000 attività nel settore somministrazione con la perdita del lavoro per poco meno di 12mila persona. Insomma, un disastro». "Abbiamo subito una crisi aziendale e di sistema – ha detto Cottone – abbiamo subito l’aumento delle materie prime e quello dei costi dell’energia. Tutto ciò senza avere potuto aumentare i listini, e ci chiediamo, d’altronde, che senso avrebbe avuto, visto che il nostro pubblico ha subito gli stessi aumenti e fa, dunque, i conti con una spendibilità minore».
"Essendo la Sicilia produttore di energia – ha proposto Trimboli – è auspicabile uno scontro immediato su tutti i costi statali, accise e quant'altro. Chiediamo di abbassare il costo dei prodotti petroliferi alla pompa di distribuzione, ma anche di istituire un tavolo di crisi E’ inoltre da valutare la possibilità di spostare i pagamenti di tutti i prestiti con le banche a 30 anni, tipo prestiti di guerra, perché è come se ci trovassimo in guerra. E, ancora, sollecitare un aiuto agli istituti di credito affinché si carichino l’onere delle ultime quattro bollette per pagarle a trent'anni».
«Avremo – ha concluso Manenti – default aziendali con indebitamenti di azione che sono uscita dalla pandemia con difficoltà. Ma, soprattutto, subiremo il ritorno a una nuova regressione da cui difficilmente usciremo in tempi brevi. Insomma, ci confronteremo con una crisi di lunga durata e per di più imprevedibile. Una crisi da cui la Sicilia uscirà con le ossa rotte».