Il Mezzogiorno cresce più del Centro-Nord Italia per il secondo anno consecutivo. Il Pil al Sud è previsto in aumento dello 0,9% nel 2024 contro lo 0,7% del resto del Paese, secondo il Rapporto Svimez che descrive come «decisivo» il ruolo del Pnrr. Il piano vale 1,8 punti di Pil nel 2024-2026.
Si riduce tuttavia lo scarto di crescita favorevole al Sud rispetto al 2023 e dal prossimo anno, l’Associazione evidenzia i rischi di un ritorno alla «normalità» di una crescita più stentata rispetto al resto del Paese nel 2025 e 2026, a causa del rientro dalle politiche di stimolo agli investimenti e di
sostegno ai redditi delle famiglie.
L’abrogazione della Decontribuzione Sud prevista dalla manovra mette a rischio circa 25 mila posti di lavoro, secondo le stime della Svimez nel rapporto 2024. In particolare comporterà una riduzione di due decimi di punto della crescita del Pil del Mezzogiorno e di tre decimi dell’occupazione. Lo stanziamento cancellato per effetto del taglio dell’agevolazione è pari a 5,9 miliardi per il solo 2025. L’associazione spiega che «la Legge di Bilancio 2025 prevede, a compensazione, il finanziamento di un nuovo Fondo per interventi al Sud, con una dotazione pari a circa la metà di quanto tagliato e senza ancora «una chiara destinazione né uno strumento attuativo».
La filiera dell’auto è il settore sul quale si giocherà il futuro industriale del Mezzogiorno secondo il rapporto Svimez che ricorda che gli stabilimenti del Mezzogiorno hanno fornito quasi il 90% degli autoveicoli prodotti in Italia nei primi 9 mesi del 2024, ma hanno perso più di 100 mila unità sul 2023 (-25%). Lo stabilimento di Melfi ha visto da solo una perdita di quasi 90mila unità. Ad aggravare il quadro, è stato sospeso l’investimento da oltre 2 miliardi per la realizzazione della gigafactory di batterie a Termoli. La filiera estesa nel Mezzogiorno dell’automotive vale quasi 13 miliardi in termini di valore aggiunto e circa 300 mila occupati, più della metà in Campania (30%) e Puglia (21%), seguite da Sicilia (21%) e Abruzzo (11%).
Negli ultimi 10 anni quasi 200 mila giovani laureati hanno lasciato il Mezzogiorno per il Centro-Nord. E in 138mila si sono trasferiti dall’Italia all’estero, secondo il rapporto Svimez. Tra gli altri fattori, questa scelta è legata secondo lo studio alle basse retribuzioni: dal 2013 le retribuzioni reali lorde per dipendente sono calate di 4 punti percentuali in Italia e del doppio (-8) nel Mezzogiorno, contro una crescita di 6 punti in Germania. Il rapporto parla di «degiovanimento e fuga dei giovani», tanto che le scuole primarie sono a rischio chiusura in 3 mila comuni per mancanza di bambini e dice: «L’emergenza è l’emigrazione».
La ripresa dell’ultimo triennio ha riportato nel Mezzogiorno l’occupazione sui livelli di metà 2008 ma i salari reali sono crollati ed è cresciuta la povertà anche tra chi ha un impiego, tanto che ci sono 1,4 milioni di lavoratori poveri, secondo i dati del rapporto Svimez 2024.
Tra il quarto trimestre 2019 e la prima metà del 2024, i salari reali si sono ridotti del 5,7% al Sud e del 4,5% nel Centro-Nord, rispetto al -1,4% della media dell’eurozona. «Un vero e proprio crollo al Sud – si legge in una nota – causato da una più sostenuta dinamica dei prezzi e dai ritardi nei rinnovi contrattuali, in un mercato del lavoro che ha raggiunto livelli patologici di flessibilità» con più di un lavoratore su cinque assunto con contratti a termine.