CATANIA. E’ un precipizio senza fine. O, per lo meno, dopo tre anni di caduta libera ancora non si intravede la fine di questo pozzo. Al fondo del quale, a fine corsa, si saranno depositati sogni, illusioni, calcoli sbagliati, sfruttamento del territorio e cannibalizzazione tra aziende. Il tutto nello scenario del crollo della grande distribuzione organizzata in Sicilia. Auchan annuncia il clamoroso ritiro, massiccio, in tutta Italia. E in Sicilia si comincia a dire addio a qualcosa come 267 posti di lavoro. E non si può dire che sia una sorpresa.
Come conferma Salvo Leonardi, il segretario regionale della Filcam–Cgil. «Già da tempo il gruppo Auchan denunciava una pesante crisi, ed un mese fa eravamo stati convocati a Roma, dove l’azienda ci aveva preannunciato l’intenzione di avviare queste procedure di mobilità. Avevamo chiesto, innanzitutto, di avere numeri precisi sulla crisi annunciata, riscontri precisi. Per tutta risposta l’azienda aveva proposto una serie di accordi in deroga al contratto nazionale di lavoro». E così si erano lasciati Auchan e sindacati. E ieri la notizia.
«In Sicilia i lavoratori interessati sono poco più di 260 e si tratta, ovviamente, di un altro durissimo colpo ad un settore già in piena crisi da anni. Sapevamo che la vertenza Auchan sarebbe arrivata a questo punto, tanto che era già stato proclamato uno sciopero nazionale che si svolgerà il prossimo 9 maggio». Quadro drammatico, da qualunque parte lo si giri e lo si guardi. L’altro grande gruppo che barcolla da tempo è Sma, quasi 2000 lavoratori in Sicilia e perdite di bilancio denunciate dall’azienda sempre più pesanti. Ma già Sma da mesi sta operando con quella che potremmo definire una sorta di exit strategy di alleggerimento.
«Sma – spiega ancora Leonardi – ha avviato da anni una terzializzazione cedendo punti a Spaccio Alimentare del gruppo Cambria. Era stata aperta anche una procedura di mobilità volontaria, ma noi come Filcam Cgil non l’abbiamo assolutamente accettata, non ritenendola corretta». Difficile dire quanto durerà questa situazione che tiene sul filo del rasoio migliaia di lavoratori, così come i sindacati stanno cercando di capire quanto possa e quanto voglia resistere il gruppo delle Coop in Sicilia. Coop si erano tuffate a capofitto, non senza averci prima riflettuto a lungo per la verità, in Sicilia, acquisendo i punti vendita più importanti del colosso Aligrup finito a pezzi. Ma se a Catania con i due iper, Le Ginestre e Le Zagare, nel giro di pochi mesi si è passati dalla grande speranza alla cassa integrazione prima e alla solidarietà adesso (oltre ad un po’ di mobilità volontaria), su altri punti è già calata la mannaia.
«Le Coop – dice Leonardi – nel Ragusano hanno già chiuso Modica e starebbero per cedere ad un acquirente Ragusa. Questo significa che potrebbero non perdersi posti, ma saremmo, comunque, ad un passo indietro di un gruppo molto importante per la Sicilia. Un gruppo che, questa è una buona notizia in un panorama di grande depressione, nei punti di Catania, che sono quelli più grandi ed impegnativi, sta recuperando pian piano quote di mercato importanti, con bilanci che migliorano». Spiragli speranza, qualche segnale di luce nel buio quasi totale. Resiste il gruppo catanese Abate, che starebbe anche pensando a nuovi investimenti e aperture, così come sono in buona salute il gruppo Arena, catena Decò, e quello Eurospin.
«Ma la situazione è sempre molto complessa – conclude Leonardi – i lavoratori si sono caricati grandi sacrifici e anche rinunce pesanti in questi anni per non perdere il lavoro ed andare incontro alle aziende. Ma serve che tutti producano uno sforzo e si interrompa questa fuga dalla Sicilia». Una fuga un po’ vigliacca, che segue agli anni dell’invasione selvaggia di una terra trasformata soltanto in un’isola d’oro da sfruttare per i consumi. E basta.