PALERMO – Un quarto dei comuni siciliani è privo di sportelli bancari. Il dato, che in sé rivela una situazione di disagio per una parte dei territori siciliani, è stato fornito ieri dal vicepresidente della Regione, Gaetano Armao, nel corso di una conferenza stampa che si è svolta a Palermo presso l’assessorato all’Economia. Rimangono attivi, infatti, 1.273 sportelli nell’Isola, solo un anno prima erano 1.411; sono 288, invece, i comuni serviti da banche e 102 quelli senza servizio, con una copertura complessiva del 73% e un rapporto di 3.928 abitanti per sportello. Una situazione che rischia di diventare critica, in particolare nei piccoli comuni già alle prese con un crescente spopolamento medio e con un progressivo invecchiamento della popolazione. E anche alla luce del nuovo piano industriale di Unicredit che prevede di chiudere nel prossimo triennio circa 80 filiali in Sicilia.
Dai dati del rapporto annuale dell’Osservatorio regionale sul credito, emerge un quadro complesso e poco equilibrato: «Dalle 35 banche nazionali siamo passati alle 23 della fine dello scorso anno – ha esordito Armao – . Quelle presenti in Sicilia passano da 70 a 59». Per Armao ci si trova, insomma, di fronte a una difficoltà oggettiva «a fare banca in Sicilia. Nei comuni mono sportello, la presenza delle banche si è progressivamente rarefatta, con un effetto di caduta del servizio bancario nei confronti dei cittadini». Con il 26% dei comuni siciliani senza sportello bancario, per l’esponente di governo si acuisce la percezione «dell’abbandono e dell’insicurezza da parte dei siciliani».
Adesso, a differenza del passato, l’iter di chiusura di uno sportello non deve essere più autorizzato dalla Regione, ma l’ente regionale è ugualmente intenzionato a fare la sua parte per invertire la dinamica del sistema: «Nonostante ci troviamo di fronte a un sistema di mercato per la rete bancaria – ha precisato Armao – dobbiamo adottare delle misure. Per questa ragione ci siamo raccordati con l’Abi e avviato interlocuzioni con Poste Italiane per rafforzare questo servizio». A tal proposito, il Fondo pensioni della Regione sta avviando con le Poste una specifica forma di collaborazione per assicurare un adeguato accompagnamento.
Armao ha inoltre illustrato come «il dettaglio della copertura nel territorio siciliano degli sportelli bancari vede al primo posto la provincia di Ragusa, interamente strutturata al suo interno da questo punto di vista (100% della copertura), mentre la provincia di Messina non raggiunge neanche il 50%». Nel raffronto tra Sicilia, Campana, Toscana e Veneto, quattro regioni accorpate per popolazione omogenea, l’Isola siciliana paga dazio in termini di sportelli bancari: «Anche rispetto alla stessa Campania – annota Armao – intendiamo seguire con la giusta attenzione questa anomalia che deriva dalla mancanza di capillarità di banche nel territorio».
I depositi in Sicilia ammontano, al 31 dicembre del 2018, a quasi 60 miliardi di euro, in lieve aumento (quasi un miliardo) rispetto all’anno precedente, mentre gli impieghi arrivano a quasi 53 miliardi di euro; di questi, 28 miliardi e 358 milioni di euro si riferiscono al consumo da parte delle famiglie, una proporzione che nell’Isola arriva al 54% e si ferma al 32% come dato nazionale. Le banche, cioè, in Sicilia prestano più soldi alle famiglie e meno alle attività produttive, a conferma di quella che viene definita dallo studio la “desertificazione imprenditoriale in corso” e la fragilità finanziaria delle imprese.
Il credito al Sud e, quindi, nell’Isola assume una valenza sempre più rilevante e su questo Armao ha ricordato l’importanza dei consorzi fidi «che assolvono a un ruolo importantissimo» e il ruolo della Regione garante con il fondo di garanzia che verrà portato a 200 milioni di euro dagli attuali 102 «con una garanzia – ha completato Armao – che arriva quasi all’80% dell’esposizione debitoria».