ROMA, 02 NOV – Le imprese organizzate in gruppi, che generano il 57,3% del valore aggiunto e il 63,0% del fatturato totale, registrano una riduzione del valore aggiunto inferiore alla media (- 9,5%). La flessione del valore aggiunto è più elevata per le classi dimensionali centrali: -10,6% nella classe 0-9 addetti, -15% in quella 10-19, -13,1% nella classe 20-49, -7,9% nella classe 50-249, -9,7% nella classe 250 addetti e oltre. La flessione del valore aggiunto è più elevata per le classi dimensionali centrali: -10,6% nella classe 0-9 addetti, -15% in quella 10-19, -13,1% nella classe 20-49, -7,9% nella classe 50-249, -9,7% nella classe 250 addetti e oltre. Tale dinamica eterogenea è spiegata dalla variabilità dei tassi di flessione di fatturato e costi intermedi che si registra nelle varie classi dimensionali. Quanto alle dinamiche della forza lavoro, l’Istat precisa che nel 2020 le imprese attive nell’industria e nei servizi di mercato sono 4,3 milioni e occupano 16,6 milioni di addetti (-1,7% sul 2019), di cui 12 milioni di dipendenti (-1,8%). Il settore dei servizi include il 79,5% delle imprese, occupa il 67,3% degli addetti e produce il 56,4% del valore aggiunto totale; è anche quello che registra la perdita occupazionale maggiore (-2,3% sul 2019). Le costruzioni assorbono l’11,5% delle imprese e l’8,2% degli addetti e producono il 6,9% del valore aggiunto totale: è l’unico settore in cui l’occupazione cresce nell’anno (+2,7% sul 2019). Infine, l’industria in senso stretto con il 9,0% delle imprese attive occupa però il 24,5% degli addetti (-1,4% sul 2019) e realizza il 36,8% del valore aggiunto totale. Il fatto che il settore delle costruzioni si stato il meno colpito dalla crisi è confermato anche che la diminuzione del valore aggiunto, del margine operativo lordo e del costo del lavoro è più contenuta (rispettivamente -3,4%, -0,7% e -5,3%).