Parte da un presupposto: «Ho contezza della crisi della vostra agricoltura, ma non sono problemi che si risolvono con un annuncio». E questo modus operandi, Maurizio Martina, lo butta subito sul tavolo. Davanti a lui, ieri pomeriggio, la delegazione siciliana presente al tavolo nazionale convocato dal ministro delle Politiche agricole per affrontare i risvolti della gravissima crisi che ha colpito il settore dell’ortofrutta siciliano. Ma nell’incontro, s’è parlato anche delle paure e delle prospettive dei produttori di olio (con il “fantasma” dell’accordo Ue-Tunisia), oltre che dell’avvio di una campagna di valorizzazione dei nostri prodotti e di più rigorosi controlli dei quantitativi in ingresso. Davanti al ministro Martina, l’eurodeputato Michela Giuffrida, l’assessore regionale Antonello Cracolici, la deputata Sofia Amoddio, i rappresentanti del settore produttivo, delle istituzioni e dei Comuni dell’area del trasformato (Vittoria, Pachino, Gela e Niscemi). A tutti loro Martina, però, chiede un impegno: «Dobbiamo lavorare in squadra. Nessuno ha la soluzione nel cassetto e solo mettendo insieme le forze possiamo cambiare situazioni che abbiamo ereditato da anni di mancati interventi». Un concetto ripetuto anche nell’intervista telefonica che l’esponente del governo Renzi ci ha concesso a conclusione dell’incontro.
Ministro Martina, ha appena incontrato alcuni interlocutori siciliani. Ha avuto la dimensione di quanto la “vertenza agricoltura” sia potenzialmente esplosiva nell’Isola?
«Abbiamo ben presente la crisi che stanno affrontando gli agricoltori siciliani e siamo impegnati concretamente insieme alla Regione per dare risposte nell’immediato e per un lavoro strutturale. Non sono problemi che si risolvono con un annuncio. L’incontro è stata l’occasione per confrontarci sulle priorità e per fare un passo in avanti di metodo, perché serve un lavoro di squadra tra istituzioni e produttori».
Quali sono state le priorità emerse da questo tavolo?
«Servono azioni che valorizzino l’origine del prodotto e contrastino il calo dei prezzi, perché troppo spesso gli agricoltori non coprono nemmeno i costi di produzione. Per questo pensiamo a rafforzare i nostri controlli su tutto il territorio per la tracciabilità dell’ortofrutta, perché i consumatori devono poter scegliere in maniera informata. Un pomodoro siciliano è solo quello che viene dalla Sicilia. Allo stesso tempo siamo al lavoro con la Grande distribuzione organizzata per campagne di promozione straordinaria che valorizzino il prodotto, con una giusta remunerazione».
L’agricoltura siciliana si ribella agli accordi euromediterranei. Lei, di recente a Bruxelles, è stato piuttosto chiaro: rivedere la decisione sull’aumento di 35mila tonnellate dell’importazione in Europa di olio dalla Tunisia. Ma ritiene che la Commissione europea, a prescindere dallo scontato voto favorevole in plenaria del prossimo 25, possa rispondere a questa sollecitazione?
«Ci aspettiamo una risposta seria e non siamo disposti ad accettare uno scenario dove questi contingenti possano diventare strutturali. Dobbiamo lavorare di più per accordi di cooperazione che consentono soluzioni innovative per il sostegno ai Paesi del bacino Mediterraneo».
L’altro nodo da sciogliere è l’accordo Ue-Marocco. Lei ha chiesto l’attivazione della clausola di salvaguardia per il pomodoro. Può spiegare ai “profani” che significa? E che chance ci sono di un riscontro positivo?
«Abbiamo registrato una discesa dei prezzi che mette in difficoltà soprattutto noi e la Spagna e per questo chiediamo questa misura. In sostanza serve a limitare l’impatto delle importazioni quando il loro effetto è negativo sulle produzioni nazionali. Lavoriamo ora sul dossier tecnico e nella riunione di ieri abbiamo fatto un punto anche sui dati di mercato».
Lo stesso percorso è ipotizzabile per l’agrumicoltura, un altro settore altrettanto danneggiato dalla crisi commerciale?
«Siamo impegnati anche su questo fronte insieme alla Regione. L’agrumicoltura rappresenta una delle produzioni che più identifica la Sicilia nel mondo e non possiamo permetterci di lasciarla indietro. Dobbiamo però guardare i fatti e dirci che dove c’è stata aggregazione le cose sono migliorate, dove i produttori rimangono disuniti ci sono maggiori problemi. È un discorso che vale in generale per tutti i settori ortofrutticoli. Servono organizzazioni di produttori più forti e noi siamo pronti ad accompagnare questo processo di innovazione».
L’incontro con i rappresentanti dell’Isola è comunque la messa in pratica di un modello: spostare la protesta dalla piazza ai tavoli di confronti. C’è stata comunque un’interlocuzione positiva con la politica siciliana?
«Dobbiamo lavorare in squadra. Nessuno ha la soluzione nel cassetto e solo mettendo insieme le forze possiamo cambiare situazioni che abbiamo ereditato da anni di mancati interventi. È proprio sul metodo che dobbiamo innovare: non possiamo pensare solo a interventi sul breve, se non risolviamo i nodi strutturali staremo sempre a inseguire le crisi. Servono politiche concrete e programmazione, perché gli agricoltori meritano che i loro sacrifici vengano rispettati».
Al tavolo c’erano anche i rappresentanti della Gdo? Che ruolo avranno in questa partita?
«Non erano presenti al tavolo di ieri, ma abbiamo da settimane aperto un’azione di valorizzazione delle nostre produzioni. Anche sul pomodoro abbiamo registrato già alcune aperture positive, con uno schema operativo che vede una maggiore remunerazione per i produttori e un risparmio per i consumatori. La Coop è stata la prima a rispondere alla chiamata, ma sono convinto che anche altre realtà della grande distribuzione metteranno in campo iniziative utili».
Sabato (domani per chi legge, ndr) sarà a Palermo per parlare di futuro: presenterà il Psr e Feamp, dove c’è un “tesoretto” di fondi europei. Ma, guardando al passato, la Sicilia riuscirà a programmare interventi efficaci e a spendere le risorse presto e bene?
«Ci sono oltre 2 miliardi di euro di fondi fino al 2020. Il problema quindi non è la mancanza di risorse, ma servono le idee giuste e la professionalità per programmare. La missione numero uno è invertire la tendenza di questi anni, in cui si è fatta la corsa alla fine per non perdere i soldi europei. Sabato sarò a Palermo per dire che serve un salto di qualità. È oggi che dobbiamo scrivere come vogliamo investire, come aiutiamo il settore a crescere a innovarsi e diventare più forte. Prevenire le crisi deve essere la priorità e su questo punto il Ministero è già al lavoro.
Sarà presente anche al battesimo della sua area “Sinistra e cambiamento” che arriva in Sicilia.
«Sinistra è Cambiamento nasce per interpretare i valori della sinistra e per dare risposte concrete ai cittadini. In questo percorso, è giusto essere presenti anche in Sicilia, un territorio che per potenzialità e qualità può trainare lo sviluppo e la crescita del Mezzogiorno».
twitter: @MarioBarresi