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Giancarlo Cancelleri: «Infrastrutture In Sicilia, sfida di dignità»

Di Giancarlo Cancelleri* |

Liberare l’Isola dall’isolamento. Se dovessi dire qual è il miglior traguardo possibile che il governo (di cui mi onoro di far parte, come viceministro alle Infrastrutture e ai Trasporti) possa realizzare per la Sicilia, allora non avrei dubbi. Del resto il premier Giuseppe Conte ha chiarito immediatamente quale sarà una delle nostre priorità: «Dal riscatto del Sud dipende la crescita dell’Italia. Per questo nel programma di Governo abbiamo previsto un Piano straordinario di investimenti per il Meridione, che dovrà comprendere anche il potenziamento delle infrastrutture».

Non sarà una sfida facile e ne sono consapevole. Ma il mio impegno sarà totale, perché avverto la responsabilità di avere una chance irripetibile per cambiare il volto della nostra terra. E lo farò provando a rompere una serie di tabù e di luoghi comuni usati spesso per negare i nostri diritti. Un esempio per capirci meglio. Qualche tempo fa risposi al professor Marco Ponti, il quale sosteneva in sintesi che i fondi stanziati per l’ammodernamento della linea ferroviaria Catania-Palermo fossero denaro sprecato, poiché sarebbe un’opera inutile visto che in Sicilia, per un’analisi costi-benefici alquanto superficiale, ci sarebbero pochi utenti e non sarebbe giustificabile in nessun modo la realizzazione dell’opera. Insomma secondo questa teoria (peraltro molto diffusa) sembra quasi che noi siciliani faremmo meglio a continuare a girare per le trazzere e riporre i nostri sogni di modernità e civiltà – o se preferite di normalità – nel famoso cassetto. Anzi, sembra quasi che dovremmo chiedere scusa se esistiamo. Come se, per dirlo con una battuta, volessero dirci: non è il nord a essere troppo moderno, siete voi che siete siciliani. Eppure questo ragionamento è facilmente confutabile. Innanzitutto con i numeri.

In Sicilia, secondo i dati di Mit e Rfi, nei prossimi anni ci saranno 12 miliardi di investimenti, ma soprattutto numerosissimi interventi su tratte ferroviarie vecchie e obsolete. Perché il prof. Ponti, così come la stragrande maggioranza degli italiani, non sa che la nostra rete ferroviaria è la stessa che fu costruita dai Borboni e da allora non ha mai avuto interventi degni di nota. A eccezione della Pa-Ct-Me (compresa la diramazione per Siracusa) e della Pa-Ag che sono elettrificate, il resto della rete viaggia con le littorine a gasolio, il che con la modernità non ha nulla a che fare. Questi investimenti serviranno “soltanto” a far raggiungere alla Sicilia standard europei.

Qualcuno ha accusato noi del M5S di essere «quelli del no». E anche questo è un luogo comune: nulla di più sbagliato. Lo sviluppo economico e sociale mai decollato in Sicilia è il frutto, oltre che di politiche regionali senza alcuna visione di prospettiva, soprattutto di ragionamenti di chi – guardando all’utilità immediata dell’infrastruttura – dimentica che investire significa prevedere, anticipare e soprattutto invogliare miglioramenti che nel breve, medio e lungo periodo rendano invece utile quell’opera. Anche per questo, ospite di recente di un tg nazionale, ho detto che il mio no al Ponte sullo Stretto non è “ideologico”.

Perché c’è tantissimo da fare, non soltanto per quanto riguarda le ferrovie. Un altro dei dossier sul mio tavolo riguarda ovviamente le strade siciliane. Sbloccare le situazioni più urgenti, innanzitutto: i cantieri Cmc della Ag-Pa e della Ag-Cl, ma anche far partire finalmente la Rg-Ct come autostrada moderna, evitando di finire intrappolati in una “Cmc bis” e di lasciare l’opera incompiuta. Anche in questo caso senza avere pregiudizi. Lo stesso atteggiamento che spero abbia il governo regionale, che per troppo tempo ha frenato sul commissariamento delle strade provinciali, altro argomento per il quale sono già al lavoro con novità importanti a breve.

Nel contesto della liberazione dall’isolamento della Sicilia, inoltre, un altro punto riguarda il trasporto aereo. Il mio predecessore, Danilo Toninelli, grazie anche alle sollecitazioni del M5S siciliano, ha già dato delle risposte concrete per la continuità territoriale di Comiso e Trapani. Ma il problema, secondo me, va affrontato in modo ancor più complessivo, pur nel rispetto delle norme comunitarie che ci pongono alcuni limiti. Chi deve spostarsi dalla Sicilia per lavoro o per motivi di salute non può essere prigioniero di compagnie aeree che impongono tariffe allucinanti ben sapendo che noi non abbiamo alternative. Non può vincere la logica del “bere o affogare”, la Sicilia – così come già avvenuto in Sardegna – ha diritto al riconoscimento dei benefici dovuti allo status di insularità.

Insomma, le infrastrutture non servono solo a portare modernità e normalità, ma costruiscono prospettive di sviluppo e lavoro che sono inimmaginabili ai più e spesso sfuggono anche agli amanti delle analisi costi-benefici. Anche noi siciliani abbiamo il diritto alla mobilità e anche la Sicilia merita una rete infrastrutturale all’altezza del livello europeo. «Pochi e poveri» non può essere assolutamente una valutazione. Prima dei numeri e delle analisi, qui è una questione di dignità. Ho già invitato il ministro Paola De Micheli a fare un giro nella nostra regione, bella e maledetta. E sono certo che anche lei capirà – dal vivo e non dai dossier – perché potenziare le infrastrutture in Sicilia non è una questione elettorale, ma semplicemente di dignità, di giustizia sociale e di sviluppo. E io sto lavorando proprio per raggiungere questo obiettivo.

*Viceministro delle Infrastrutture e dei TrasportiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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