Formazione professionale, ecco i nuovi padroni: la politica siciliana non molla la presa

Di Mario Barresi / 26 Gennaio 2017

Sì, la formazione professionale siciliana ha ancora bisogno di aiuto. Oltre alla mega-truffa di Genovese&C., ci sono scandali diventati già cronaca processuale. Come quello sul caso Ciapi, con le prime condanne per Faustino Giacchetto (5 anni e 8 mesi) e per Francesco Riggio, fino allo scorso ottobre deputato regionale. E anche l’inchiesta sull’Anfe di Paolo Genco (arrestato), colosso con circa 700 dipendenti, promette sviluppi. O gli extrabudget della Corsello e della Monterosso.

 

È chiaro che non si può buttare l’acqua sporca con tutto il bambino. Né permettere che gli scandalifici danneggino chi lavora con serietà in questo settore. E chi, come gli oltre 10mila ragazzi dell’obbligo formativo, che hanno dovuto aspettare il 9 gennaio per l’inizio di corsi congelati per anni.

 

La graduatoria dell’Avviso 8 rappresenta una bonifica della formazione professionale dal malaffare? Magari sì, visto che sono dovuti scendere dall’autobus dei 136 milioni tutti gli enti fuorigioco, fra i quali ex mostri sacri come lo Ial, l’Enfap e l’Ecap.

 

Ma questi 199 progetti presentati da 81 enti sono impermeabili alla politica? Questa è una domanda più complicata. Perché non è detto che i legami con partiti e deputati siano di per sé il male assoluto. Anche se, nella necessaria bonifica del settore, sarebbe preferibile che tutti i personaggi più esposti fossero al di sopra di ogni sospetto. A partire dall’assessore regionale, pizzicato a fine 2016 da LiveSicilia con alcuni legami, potenzialmente imbarazzanti, con alcuni enti siracusani. «Nessuno di quello che è stato definito il “sistema Marziano” – dice alla nostra redazione palermitana – è in graduatoria fra i progetti finanziati».

 

Ma la graduatoria dell’Avviso 8 è soprattutto l’aggiornamento degli equilibri di potere in Sicilia. Post Giacchetto, post Genco e post Genovese. La mappa, già tracciata da Repubblica Palermo, ora può essere aggiornata. Finanziamenti alla mano.

 

La fetta più consistente dei 136 milioni (secondo la rielaborazione del nostro Daniele Ditta) è andata al Cerf: circa 11 milioni. Una sigla sconosciuta ai più, fino a quando ha rilevato il colosso Cefop (30 milioni di finanziamenti per quasi mille dipendenti negli anni d’oro). Una cessione al centro di un contenzioso molto complesso con la Regione che qualche mese fa ha riconosciuto al Cerf, dopo alcune sentenze favorevoli all’ente, un contributo arretrato di 16 milioni di euro. Il Cerfis ha rilevato per pochi euro anche il Cefop, ente in agonia, grazie a una cordata composta dalla società romana Mediatica di Stefano Grilli, vicino all’ala bersaniana dei dem e dall’Isas in passato dei gesuiti e oggi di Antonio Dalberti. Fino a ottobre l’ente risultava guidato da Cesare Piacentino, a capo di un Cda in cui c’era anche Giuseppe Genco (solo omonimo dello storico patron dell’Anfe, Paolo?), ma, tra gli altri, anche Stefano Canzoneri. Quest’ultimo fu direttore generale del Cefop e componente della segreteria particolare del deputato agrigentino Michele Cimino. Anche se c’è chi è convinto di un suo avvicinamento all’area dell’assessore Antonello Cracolici. Fino a fine 2016, un curiosità: il Cerf, l’Isas e l’Anfe di Genco risultavano condividere lo stesso indirizzo: a Palermo, in via delle Ferrovie.

 

A seguire il Cesifop di Palermo (7,5 milioni), diretto da Antonella Russo,, ex responsabile provinciale dell’Udc. Poi la Logos di Comiso, riconducibile a Rosario Alescio, ex presidente della Crias, immarcescibile uomo di potere del Ragusano. Fra gli enti palermitani sorride l’Enaip (5,8 milioni), guidato da Luisa Capitummino, figlia dell’ex presidente dell’Ars Angelo. Pioggia di fondi anche Catania: 3,4 milioni alla Strec, un consorzio in passato partecipato anche da “Reti”, vicina alla Cgil, poi rilevato dai lavoratori.

 

Infine l’ente Jasna Gora, con sede a Caprileone, nel Messinese, di ispirazione cattolica, nel circolo delle Anspi. Non a caso guidato da un sacerdote: don Carmelo Gaetano Vicario. Ma nel cda la vicepresidente Lidia Armeli. Moglie di Giuseppe Musarra, ex sindaco poi sconfitto dal deputato Ars Bernadette Grasso. Musarra e la moglie sono ritenuti espressione del Pd, vicini al commissario-higlander dell’ Esa Francesco Calanna. Ritenuto vicinissimo al senatore Beppe Lumia. Calanna, fra l’altro, adesso aspira anche un posto all’Ars: primo dei non eletti, in caso di sospensione di Franco Rinaldi. Condannato a due anni e 6 mesi, lunedì, nella prima sentenza del processo che lo vede alla sbarra assieme al cognato Genovese. Un’altra coincidenza, un altro scherzo del destino. Che continua a giocare sul futuro della formazione professionale siciliana.

Twitter: @MarioBarresi

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