
l'analisi
Fondi Ue, Sicilia resta al palo: ogni 100 milioni riusciamo a spenderne meno di 2,5
Impegnati 181 milioni di euro su un plafond complessivo di 7,3 miliardi
La Sicilia è inondata da un profluvio di risorse finanziarie dell’Ue nella speranza che le sappia utilizzare appieno per superare il divario che ancora oggi la separa dalle regioni più avanzate del Nord Italia e dell’Europa. Le intenzioni di chi li gestisce sono lodevoli, la buona volontà è apprezzabile, ma i fatti rappresentano una situazione abbastanza deprimente. Stando al più recente aggiornamento sullo stato di avanzamento della spesa dei fondi comunitari la Sicilia infatti è tra le regioni meno virtuose del Paese e si colloca nelle posizioni di retroguardia.
Le criticità
A un esame più approfondito, stanno infatti emergendo criticità nell’attuazione del programma e, in particolare, nella spesa dei fondi. Attualmente quelli impegnati ma non spesi ammontano a circa 700 milioni di euro: 200 quest’anno e 500 nel 2026. Ma la cosa che ha fatto scattare l’allarme è che più passa il tempo e più aumenta il rischio di perderli. Il 2025, infatti, sarà l’anno del “prendere o lasciare”. Nel senso che è il primo anno del periodo nel quale entra in vigore la regola N+3 per effetto della quale le risorse impegnate nell’anno devono essere spese entro il 31 dicembre del terzo anno successivo all’impegno. E quindi ciò che la nostra regione non riuscirà a spendere andrà a beneficio di altre che si saranno dimostrate più capaci. Anche di quelle, e suonerebbe beffardo, che ne avrebbero meno bisogno, avendo tassi di sviluppo più elevati.
Il dettaglio delle criticità
Tra Fondo europeo di sviluppo regionale (Fsr) e Fondo Sociale Europeo (Fse+) la Sicilia ha avuto assegnati dall’Ue oltre 5,1 miliardi di euro per il periodo 2021-27, che lievitano a 7,3 miliardi con il cofinanziamento nazionale. In pratica, è la seconda regione in Europa per dimensione del finanziamento.E’ vero che la Sicilia non è l’unica ad accusare queste difficoltà di spesa. Anzi, in base ai dati del monitoraggio della Ragioneria generale, anche diversi ministeri che gestiscono i fondi Ue corrono il rischio del disimpegno: i soldi non spesi restano a Bruxelles. Ma è una pia consolazione.I programmi della Sicilia hanno una dote finanziaria di 7,3 miliardi (di cui 5,8 miliardi relativi ai Fesr e 1,5 miliardi per i Fse+). Finora sono stati presi impegni per 181, 20 milioni di euro, ma sono stati effettuati pagamenti per appena 54,63 milioni pari al 3,09% per il Fesr e per 195,12 milioni e pagamenti per 107,42 milioni pari al 12,87% per il Fse+. Per quanto riguarda lo stato di avanzamento di anticipazioni e interventi a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione , su un valore di 234,70 milioni, gli impegni sono stati di 54,25 milioni di euro con una percentuale del 23,28% e con una spesa di 4,27 milioni e una percentuale di avanzamento dell’1,82%. Troppo poco.

La Regione corre ai ripari
Per questa ragione, la Regione Siciliana ha avviato recentemente un Tavolo permanente per la programmazione 2021-2027, voluto dal presidente Renato Schifani. Il nuovo organismo coordinerà l’attuazione delle politiche di coesione attraverso la gestione integrata delle risorse disponibili nei vari programmi di sviluppo nazionali e comunitari. La task force, in particolare, si occuperà del coordinamento delle risorse Fesr, Fse+, Feasr, Feamp e Pnrr, definendo linee di intervento operative tra la programmazione regionale del ciclo 2021-27, gli strumenti a gestione diretta della Commissione Ue e i programmi nazionali.All’interno della programmazione 2021-27 è stato previsto di innalzare la soglia prima prevista per la categoria delle regioni in transizione. Nell’attuale ciclo di programmazione, dunque, la classificazione delle regioni si basa sul seguente criterio: regioni meno sviluppate con un Pil pro capite inferiore al 75% della media comunitaria (vi rientra la Sicilia); regioni in transizione con un Pil pro capite compreso tra il 75% e il 100% della media comunitaria; regioni più sviluppate con un Pil pro capite superiore al 100 % della media comunitaria.Per quanto riguarda quelle che sono state classificate come regioni in transizione (Abruzzo, Marche e Umbria), come evidenziato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze “rispetto al totale di risorse programmate a valere sul Fesr e sul Fse+, pari complessivamente a 2,78 miliardi di euro, risulta un avanzamento del 14,53% in termini di impegni e del 2,01% in termini di pagamenti. L’importo degli impegni e dei pagamenti comprende sia la quota Ue sia la quota nazionale riferite ai programmi (impegni e pagamenti ammessi)».
Il confronto impietoso
Se si prendono in considerazione le regioni più sviluppate (Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Provincia Autonoma di Bolzano, Provincia Autonoma di Trento, Toscana, Veneto, Valle d’Aosta), su 18,9 miliardi di euro «risulta un avanzamento del 18,80% in termini di impegni e del 3,88% in termini di pagamenti».Non si può certo parlare di risultati straordinari, soprattutto se si considera che dall’inizio della programmazione sono già passati molti anni (ben quattro pieni, dal 2021 a oggi) ma in ogni caso si parla di cifre superiori rispetto a quelle fatte registrare dalle cosiddette regioni meno sviluppate e che quindi avrebbero, almeno sulla carta, la necessità di sfruttare al massimo tutto quello che viene dato loro per favorire lo sviluppo economico e sociale. Come certificano i dati del Mef, però, questo concetto non sembra essere stato compreso appieno: Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, sui 26,81 miliardi di euro disponibili attraverso le risorse Fesr e Fse+ risulta un avanzamento del 4,71% in termini di impegni e di appena lo 0,30% in termini di pagamenti.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA