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Fisco, regalo di Natale: ravvedimento più leggero

Dal primo gennaio 2024 il tasso degli interessi legali sull’extra dovuto passa dal 5 al 2,5 per cento.

Di Redazione |

Il governo fa un regalo di Natale ai contribuenti, riducendo, dal primo gennaio 2024, della metà gli interessi legali: dal 5 al 2,5 per cento in ragione d’anno. Il nuovo tasso sarà applicabile anche nei casi in cui è il contribuente che dovrà ricevere pagamenti con gli interessi legali. La modifica del saggio legale è disposta dal decreto 29 novembre 2023, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 288 del giorno 11 dicembre 2023. Gli interessi legali sono stabiliti per legge dal Ministero dell’economia e delle Finanze, sulla base dell’inflazione e del rendimento dei titoli di Stato.

Gli interessi legali sono applicabili in caso di ravvedimento, così come si applicano anche alle prestazioni pensionistiche e alle prestazioni di fine servizio e di fine rapporto. Dal 2024, sarà quindi meno “salato” il costo del ravvedimento. Per regolarizzare gli omessi o tardivi versamenti di imposte del 2023, con il ravvedimento spontaneo, nel 2024, per gli interessi legali, si dovranno applicare le due misure, del 5% fino al 31 dicembre 2023 e del 2,5% dal 1° gennaio 2024.

In materia di interessi, non è stata mai fissata una misura unica per i versamenti e per i rimborsi. Infatti, nonostante i vari annunci, si è ancora in attesa di un allineamento per evitare che gli interessi applicati dal Fisco su quanto gli è dovuto siano più alti di quelli riconosciuti al contribuente in caso di rimborso. In verità, si sarebbe dovuto mettere già da tempo la parola “fine” su queste disparità, con il Fisco che fa la parte del leone, che riconosce poco e pretende almeno il doppio. Infatti, se il contribuente deve avere il rimborso, l’interesse riconosciuto dal Fisco per il ritardo è, di norma, il 2% annuo, mentre se il contribuente versa dopo la scadenza, l’interesse che deve pagare è il doppio. Inoltre, scatta pure la sanzione del 30%, riducibile al 15% se il contribuente paga entro 90 giorni, mentre nessuna sanzione è prevista a carico del Fisco, anche se esegue i rimborsi in ritardo. La disparità doveva essere eliminata da un decreto che si sarebbe dovuto approvare nel mese di gennaio del 2016. Si tratta del decreto previsto dall’articolo 13 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159, in vigore dal 22 ottobre 2015. Il decreto che doveva fissare una misura unica di interessi per versamenti, riscossione e rimborsi di ogni tributo, doveva essere emanato entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 159/2015. Considerato che questo decreto è entrato in vigore il 22 ottobre 2015, il provvedimento doveva essere emanato entro il 20 gennaio 2016. Per il momento, visto che il decreto è rimasto solo una promessa, si devono applicare gli interessi vigenti, che sono di diversa misura e, di norma, favoriscono il Fisco, penalizzando i contribuenti.

Ad esempio, per i contribuenti che pagano a rate le imposte risultanti dalle dichiarazioni annuali dei redditi, dell’Iva e dell’Irap, gli interessi sono dovuti nella misura dello 0,33% mensile, cioè pari al 4% annuo. In verità, va anche detto che nel decreto fiscale, collegato alla legge di Bilancio per il 2020, è stabilito che il tasso di interesse per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo, è determinato, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, in misura compresa tra lo 0,1 per cento e il 3 per cento. Dopo le promesse del 2015, e quelle del 2019, si è ancora in attesa del decreto con le nuove misure.

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