TRIESTE, 10 AGO – La rete ferroviaria capillare che consente il trasferimento delle merci dalla nave al treno, fino in Europa continentale, e la diversificazione delle attività. Sono i due fattori che mantengono competitivo il porto di Trieste anche in questa fase di forte incertezza geopolitica. Fase, che, tuttavia, nell’instabilità dovuta alla quasi chiusura del Canale di Suez, sta trovando un suo equilibrio. Così, dopo una brusca battuta di arresto nel traffico container registrata nei primi mesi del 2024 (-7%), già da maggio si manifestano i primi segnali di una ripresa. Il commissario dell’Autorità portuale di Trieste e Monfalcone, Vittorio Torbianelli, sottolinea che “il traffico petrolifero non è stato intaccato da Suez perché la logistica è molto meno sensibile su quell’aspetto”, e che “Trieste è fortunata perché ha un modello logistico fondato sulla ferrovia, quindi le compagnie prima di fare modifiche ci pensano molto bene: da qui i treni arrivano in Baviera, Cechia, Austria, Ungheria”. Inoltre, lo scalo giuliano “non è un porto iperspecializzato”: che significa Far East, Middle East e India (che potrebbe diventare un nuovo protagonista mondiale), traffici intramediterranei. Prescindendo tuttavia dai fatti contingenti, su Suez e il suo ruolo politico occorrerà avviare un dibattito: il Napa, l’Associazione dei Porti del Nord-Adriatico ha già inviato un documento alla Commissione europea per l’avvio di un ampio confronto sul tema.