Perché devo pagare ancora con il pieno di benzina per la guerra in Abissinia? Le odiate accise, quelle che fanno lievitare il prezzo del pieno o il costo di una bottiglia di vino, sono da sempre le più invise agli italiani. In una classifica stilata anni fa da Doxa erano al secondo posto sul podio delle tre più sgradite subito dopo le tasse sulla casa e prima del canone Rai.
Nel prezzo della benzina sono del resto comprese voci per le quale lo Stato chiede un contributo ai cittadini che non sono certo più attuali. Anche se queste diverse voci si sono ormai 'fusè in un’unica aliquota che grava sui prezzi. Insomma ormai tecnicamente è un’imposta unica.
E così molti si chiedono appunto perchè mai dovrebbero contribuire ancora per la guerra in Abissinia. Il primo aumento delle accise risale infatti proprio al 1935. Sono poi seguiti ritocchi continui, fino ai cinque consecutivi del 2011 e successivi e al famoso sconto. E poi le successive mosse dei diversi governi che a turno hanno messo mano alla leva fiscale per dare risorse in tempi di magra o toglierle quando serviva a finanziare la politica economica. La ratio dagli anni 2000 è stata aggiornata: colpendo i combustibili fossili servono agli Stati a contenere gli effetti nefasti dell’inquinamento. Sta di fatto che questi effetti ancora ci sono.
Che le accise non siano un’imposta fortunata lo dimostrano anche i continui scontri politici nel nostro Paese. Scontri che si riaccendono prepotenti in queste ore. L’opposizione accusa la maggioranza e il governo di aver tolto il taglio deciso dal precedente governo riinnescando gli aumenti alla pompa. Maggioranza e governo si difendono: costava troppo e l’aumento potrebbe dipendere invece dalla speculazione. Ancora si usa polemicamente l’intervento del vicepremier Matteo Salvini che promise di tagliarle in blocco. Oppure gira ancora sui social il video di Giorgia Meloni che, offrendo la stessa promessa dall’opposizione, alla pompa di benzina era costretta a dare la maggior parte delle banconote per pagare il pieno ad un signore che appariva con una borsa con su scritto «Stato».
Si tratta di un tributo indiretto sulla fabbricazione e vendita (la quantità) di prodotti di consumo. Ed è indiretto perchè viene pagato dal produttore ed inevitabilmente girato sul consumatore. «Accisa» è termine latino che viene da «accidere», cioè «cadere sopra» ed ha in Italia molti sinonimi: «imposta di consumo», «imposta di produzione», «imposta erariale». E «cadere sopra» il consumo «cade»: nel caso dei carburanti, collegandosi all’effetto della "cugina", l'Iva (che è invece l’imposta sul valore), garantisce diversi miliardi l’anno all’erario. Ad esempio in totale tra benzina e gasolio accise e Iva, ai livelli attuali e ipotizzando due pieni al mese per ogni auto circolante, valgono 41,8 miliardi di euro. Nel 2021 sono stati raccolti 23,8 miliardi solo attraverso accise carburanti.
Ecco la storia:
1935 +1,90 lire per la guerra di Abissinia
1956 +14 lire per la crisi di Suez
1963 +10 lire per il disastro del Vajont
1966 +10 lire per l’alluvione di Firenze
1969 +10 lire per il terremoto del Belice
1976 +99 lire per il terremoto del Friuli
1980 +75 lire per il terremoto dell’Irpinia
1982 +100 lire per la missione in Libano
1983 +105 lire per la missione in Libano
1996 +22 lire per la missione in Bosnia
2003 +0,017 euro per contratto autoferrotranvieri
2005 +0,005 euro per rinnovo autobus pubblici
2011 6 aprile +0,0073 euro per finanziamento FUS
1 giugno +0,0400 euro per emergenza immigrati
1 luglio +0,0019 euro per finanziamento FUS
1 novembre +0,0089 euro per alluvioni Liguria e Toscana
6 dicembre +0,0820 euro con il decreto Salva Italia
2012 +0,024 euro per i terremoti dell’Emilia
2012 +0,005 euro per i terremotati dell’Abruzzo
2014 +0,0024 euro per spese del decreto Fare.