Dalla cantierabilità e dai costi dell’opera all’approvazione già ottenuta dalla Ue; dai finanziamenti europei disponibili e quelli del recovery plan a volano per lo sviluppo del Mezzogiorno. Sono questi, come emerge da analisi tecniche, alcuni dei 12 “pilastri” portanti per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, al centro del dibattito in attesa delle decisioni sulla sua costruzione.
Il primo pilastro è quello della cantierabilità del ponte. Il vincolo principale del pilone del Ponte interferente con la ferrovia è stato superato con l’apposito spostamento nel 2013 dell’asse ferroviario nella località di Cannitello. Una decisione che testimonia l’avvio in concreto di una fase fondamentale di realizzazione del progetto.
Altro pilastro sono i costi dell’opera: per la costruzione del solo attraversamento sospeso su pile non supera i 2,9 miliardi di euro.
Inoltre, e si passa al terzo pilastro, il Ponte sullo Stretto di Messina è stato già previsto dalla Unione Europea che nel 2005 l’ha inserito all’interno del corridoio ferroviario ad alta velocità Berlino-Palermo delle reti Ten-t. La presenza dell’opera all’interno della rete Ten-t Berlino-Palermo è stata confermata dalla Ue di nuovo nel 2013. In sostanza il Ponte sarebbe, insieme all’asse Torino-Lione e al Terzo Valico dei Giovi, l’unico progetto infrastrutturale già approvato dalla Unione Europea.
Disco verde dalla Ue ma anche dalle Regioni direttamente interessate (quarto pilastro). La costruzione dell’opera è stata in più occasioni già approvata dalla Regione Siciliana e dalla Regione Calabria, che hanno sottoscritto gli atti di Intesa Stato-Regione con l’approvazione del progetto preliminare nel 2003 e successivamente hanno anche sottoscritto apposite intese generali quadro nell’ambito del decreto legislativo 190/2002 ed espresso entrambe pareri positivi nelle Conferenze dei Servizi sul progetto definitivo nel 2012.
Il quinto pilastro del Ponte sullo Stretto di Messina è quello di essere un’opera sottoposta a un procedimento ad evidenza pubblica. L’appalto per la sua costruzione è stato infatti aggiudicato al termine di una gara internazionale.
Passando al programma infrastrutturale europeo, il Ponte chiuderebbe di fatto il corridoio ad alta velocità ferroviaria che va da Helsinki fino a La Valletta (sesto pilastro). Oltre al salto tra Calabria e Sicilia, l’ultima tratta rimasta fino ad oggi scoperta nel corridoio Baltico-Adriatico era quella del Fehmarn Belt (il tunnel che collegherà l’isola danese di Holland con quella tedesca di Fehmarn), sul quale sono partiti i lavori proprio in questi giorni. Fuori dalla tratta ferroviaria europea rimane quindi solo il collegamento tra le due regioni italiane.
Capitolo fondi (pilastro 7). La costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina può essere finanziata attraverso diversi fondi comunitari. Ad oggi sono infatti disponibili: circa 30 miliardi di risorse non spese del Fondo Coesione e Sviluppo 2014-2020 (circa 30 miliardi); le risorse del Fondo Coesione e Sviluppo 2021-2027; le risorse previste dal fondo delle reti Ten-t; le risorse del Recovery Fund.
Inoltre, (ottavo pilastro) il Ponte sullo Stretto di Messina rende possibile la creazione di uno dei più vasti sistemi metropolitani del Mediterraneo. Attraverso la costruzione del ponte vengono messe in collegamento le aree urbane di Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Messina e Catania, e si offre a questa vasta area la possibilità di accedere a tre impianti aeroportuali, quelli di Catania, Reggio Calabria e Lamezia.
Il Ponte sullo Stretto di Messina rappresenta poi uno stimolo fondamentale per la modernizzazione della rete ferroviaria in Sicilia, oltre che dell’alta velocità/alta capacità ferroviaria che dovrebbe collegare Salerno, Reggio Calabria, Messina e Palermo. Attraverso questo collegamento stabile, quella che ad oggi è una rete locale diventa uno strumento strategico per i trasporti tanto di persone quanto di merci in chiave sostenibile. Inoltre introduce nella Città di Messina un servizio metropolitano essenziale per la mobilità locale.
Investire sulla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina significa investire nelle infrastrutture e quindi nello sviluppo del Mezzogiorno. Ad oggi le risorse previste per il Mezzogiorno nei prossimi cinque anni, comprese le opere in corso di realizzazione, non superano i 6 miliardi di euro. Troppo poco rispetto ai 40 miliardi di opere previste nel Centro Nord. Un disequilibrio che tradisce la logica del 34% di investimenti complessivi da stanziare per il Sud.
Il Ponte sullo Stretto di Messina può benissimo essere inserito nel Recovery Plan perché il vincolo del completamento dell’opera entro il 2026 deriva da una errata interpretazione del nostro Paese. Per la data del 2026 devono esclusivamente essere in corso avanzato i lavori con tutte le fasi realizzative e con il supporto analitico dei relativi stati di avanzamento lavori.
E, infine, il dodicesimo pilastro vede l’azzeramento del danno causato dalla attuale insularità della Sicilia, un danno stimato dalla società Prometeia nell’ordine di 6 miliardi di euro all’anno in termini di mancato contributo alla crescita del Pil nazionale.