ROMA Se ne riparla ora che, a causa della pandemia, si punta ad allentare le normative europee sugli aiuti di Stato per favorire la ripresa. Ma la fiscalità di vantaggio per il Sud, rilanciata nei giorni scorsi anche dal premier, Giuseppe Conte, non è certo uno strumento nuovo in Italia.
Di fatto, con terminologie e modalità diverse, fu utilizzata ai tempi della Cassa per il Mezzogiorno, in vigore con alterni successi e ripetute proroghe dal 1950 al 1984. Negli anni successivi, lo Stato continuò ad agevolare gli investimenti privati al Sud con incentivi di natura fiscale. Poi, le regole comunitarie hanno sostanziamente modificato il sistema, vietando gli aiuti di Stato e introducendo i Fondi strutturali (che, peraltro, spesso non vengono spesi). In realtà, in linea di principio la normativa europea prevede per gli Stati membri la possibilità di erogare sgravi o esenzioni fiscali per determinate aree interne, ma a condizione che non vengano alterate la concorrenza e la libera circolazione di beni e servizi a livello europeo.
In pratica, queste misure fiscali destinate a sostenere investimenti e occupazione devono essere comunicate e concordate con Bruxelles. Cosa che, in anni recenti, ha portato alla detassazione del 50% dei redditi o la maggiore deducibilità dell’Irap sulla componente lavoro per incrementare l’occupazione nelle regioni del Sud. La manovra economica del 2016, in particolare, ha permesso ad Abruzzo, Basilicata, Calabria, Molise Puglia, Sicilia e Sardegna di modificare le aliquote Irap con proprie leggi per incentivare iniziative produttive sul territorio: misure che si inseriscono nell’ambito dell’autonomia tributaria della regioni. La fiscalità di vantaggio istituita dallo Stato, invece, è una materia più complessa che rischia di confliggere con le regole comunitarie. Almeno in tempi ordinari, quando anche il Patto di stabilità è considerato un dogma intangibile. Ma con l’esperienza straordinaria della pandemia, e della crisi economica che ne è derivata, diversi tabù sono stati messi in discussione. Tra questi anche la disciplina degli aiuti di Stato che potrebbe essere rivista per ridare slancio alle attività produttive e all’occupazione.
«Il Sud ha bisogno di tanto – ha spiegato Conte mercoledì – se riusciamo a coniugare gli investimenti programmati e assicurare una fiscalità di vantaggio riusciremo ad attirare grandi capitali». Un’apertura in questa direzione è arrivata nei giorni scorsi anche da Fabio Panetta, membro del Comitato esecutivo della Bce. «Dato che si stanno rivedendo le norme sugli aiuti di Stato – ha premesso – credo sia possibile riaprire la discussione sulla fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno in accordo con l’Europa».