Economia
Così risorge dopo 5 anni la nuova (vecchia) Confindustria Sicilia
Riecco Confindustria Sicilia. Come un’Araba Fenice, che rinasce dalle sue ceneri, l’associazione che fu di Mimì La Cavera – ma anche di Antonello Montante – dopo sei anni avrà di nuovo la rappresentanza unica degli imprenditori dell’Isola. A Roma, davanti al presidente nazionale Carlo Bonomi, verrà sancito l’accordo fra Sicindustria (che raggruppa le territoriali di Palermo, Messina, Caltanissetta, Agrigento, Ragusa e Trapani) e le due ormai ex “aquilotte smarrite”, Confindustria Catania e Siracusa, che tornano nel nido.
L’accordo, definito con tumultuosa diplomazia nell’ultimo mese, prevede una fase che alcuni protagonisti definiscono «una start up della nuova associazione regionale». Una transizione non certo breve, visto che durerà sei anni. Con una suddivisione equa, un biennio a testa, fra le tre anime: da adesso al 2023 il leader di Confindustria Sicilia sarà un uomo di Sicindustria (il vicepresidente vicario Alessandro Albanese, alla guida anche dell’associazione di Palermo), nel 2023/25 toccherà a Catania (già designato il presidente Antonello Biriaco), chiuderà Siracusa, che con Diego Bivona porterà la “fiaccola” confindustriale fino al 2027. Quando, forse, i tempi saranno maturi per un nuovo assetto: scioglimento di Sicindustria e addio anche all’autonomia di Catania e Siracusa, con un’unica struttura di rappresentanza regionale e nove delegazioni territoriali. Magari riuscendo in questi sei anni a riattivare Enna, dal 2014 “sconfederalizzata” per insufficiente livello di associati.
Si riparte, dunque. Con quello che, sospirano più fonti, è «il migliore compromesso possibile», considerata la mancata intesa sull’elezione di un presidente senza data di scadenza. A dire il vero, poco più di un mese fa, un’ipotesi unitaria era più che balenata: incoronare la prima donna leader di Sicilia. E c’era anche il nome giusto: Maria Pia Prestigiacomo, vicepresidente di Confindustria Siracusa, imprenditrice nei settori dei servizi industriali ed energia, oltre che sorella maggiore dell’ex ministra Stefania. Ma l’opzione “Marcegaglia sicula” è presto naufragata, soprattutto per i venti di burrasca arrivati dal centro-ovest dell’Isola. Catania e Siracusa da sole non avevano la forza di imporsi e dunque è stata decisiva la mediazione di Biriaco per trovare una conciliazione. Anche perché, raccontano, visto che «Roma pressava» per ricomporre la rappresentanza regionale (di fatto rotta a fine 2015, in piena era Montante; circostanza di cui Viale dell’Astronomia s’è, come per incanto, ricordata soltanto adesso), s’è dovuto «trovare un percorso condiviso, statuto alla mano». E cioè comincia a guidare la “consorella” con più associati.
Quindi si parte subito con Albanese, che avrà come suoi vice Biriaco e Bivona. Il nuovo leader di Confindustria Sicilia è di fatto il “più alto in grado” di Sicindustria: il vice vicario facente funzioni di Giuseppe Catanzaro, presidente autosospesosi il 28 maggio 2018, dopo l’avviso di garanzia nel secondo filone dell’inchiesta sul sistema Montante a Caltanissetta, per il quale, con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, negli scorsi giorni gli è arrivato l’avviso di conclusione indagini.
Albanese, 55 anni, palermitano, ha ereditato la Celf, azienda di cucine componibili, dal padre Giuseppe (scomparso nel 2007, due anni dopo una condanna per favoreggiamento alla mafia, la cui sentenza fu annullata per un vizio di forma), poi riconvertita in produzione di mobili per negozi e uffici, lanciandosi anche in un’ avventura imprenditoriale, nel cuore di Brancaccio, con una ditta che confezionava caponate di melanzana. Dal 2010 nell’orbita confindustriale, ha maturato un’importante esperienza da manager pubblico, guidando il Consorzio Asi di Palermo, la Società Interporti Siciliani e ricoprendo il ruolo di vicepresidente alla Gesap. Di recente balzato anche alle cronache calcistiche per la presidenza-lampo del Palermo, negli ultimi anni il nome di Albanese è soprattutto legato a Sicindustria. Che ha guidato con piglio forte, più deciso del low profile di Catanzaro, usando bastone e carota nei confronti del governo regionale e alzando più volte la voce sull’emergenza economica legata al Covid.
«Ma è un uomo comunque in continuità con l’era Montante» è la critica sussurrata soprattutto da chi avrebbe gradito «una vera svolta di rottura, anche d’immagine», magari con la presidenza Prestigiacomo, o comunque con una leadership più chiaramente in discontinuità con lo storico gruppo degli Antonello-boys. Albanese, sull’ex paladino antimafia condannato a 14 anni, è sempre stato leale. «Gli stessi che oggi sentenziano – affermava nel 2019 a ilsicilia.it – ieri erano tutti dietro la porta ad aspettare di essere ricevuti proprio da Montante». Per precisare però a Repubblica: «Nessuno rinnega Antonello. Ma la nostra presenza nel governo regionale ha creato più danni che altro, abbiamo imparato la lezione».
Il nuovo leader “a tempo” di Confindustria Sicilia non è nemmeno sfiorato da alcuna delle inchieste di Caltanissetta. Ma il suo nome, vista la – legittima, fino a prova contraria – frequentazione con Montante e con altri indagati, ricorre più volte nelle carte. C’è il nome di Albanese, fra tutti quelli del cerchio magico «in pericolo di vita» nell’esposto anonimo arrivato nel 2015 a Confindustria Sicilia, ritenuto dagli investigatori un falso d’autore a opera di Montante. Quest’ultimo, mentre col suo delfino Catanzaro è capitato dalle cimici nella “stanza della legalità” della villa di Serradifalco, il 14 gennaio 2016, definisce una strategia mediatica per difendersi dalla «sovraesposizione impressionante, sulla speculazione pazzesca, sul momento critico». E parlano delle «tre lettere» di solidarietà da far firmare a quelli che i magistrati nisseni definiscono i «cortigiani della sua corte dei miracoli». Fra cui, nell’informativa della squadra mobile, è contemplato anche Albanese. Esplicitamente citato in un dialogo fra Montante e Catanzaro, che commentano un’interrogazione ostile del M5S.
Catanzaro: no, fanno il quadro citano a mia citano a Gregori… citanu a Navarra… citano a…
Montante: in che senso citano…
Catanzaro: ca natri simmu tutti amici tuoi e stammu facennu tutti affari… Navarra ca si piglia commessi unnè ghiè, Albanese che è presidente di Interporti Gregory Bongiorno ca sta criscinnu a dismisura… ce… cercano di… ti cita… me… provano a metterti in linea cu Ferlito… cu Costanzo cioè provano a ghittare merda… però io la parte di…(inc)… mi preoccupa…
C’è anche Albanese, nella «riunione informale del direttivo regionale» a fine luglio 2014 di cui parla l’ex assessore confindustriale Marco Venturi, anch’esso presente, convocata allo scopo di «contribuire con una quota oscillante dai dieci ai ventimila euro» per finanziare la versione online de L’Ora, «per evitare attacchi mediatici da parte dei giornalisti».
Il prossimo presidente di Confindustria Sicilia finisce più volte nelle conversazioni intercettate (anche dopo la discovery dell’inchiesta per mafia), senza però mai mostrare condotte nemmeno eticamente riprovevoli. Quando, il 19 maggio 2016, parla con l’imprenditore indagato Rosario Amarù, Albanese lo allieta con una battuta: «’inchia oggi siete tu, tu Antonello e c’era pure Catanzaro, minchia a confederazione di Crocettiani…».
È nel giro. E gioca il suo ruolo associativo, ma anche quello personale, nell’era di massimo splendore della galassia Montante. Il quale, però, non si vergogna di esternare ai suoi fedelissimi la stima che ripone in Albanese. Significativa, in questo senso, è un’intercettazione ambientale del 2 ottobre 2010 fra l’imprenditore di Serradifalco e lo stesso Amarù, assieme in auto. «Durante il tragitto – ricostruisce la squadra mobile nell’informativa ai pm – l’Amarù domandava se “dietro Catanzaro” ci fosse la presenza del Montante e se lo governasse. Quest’ultimo lo confermava, aggiungendo che lo governava prevalentemente riguardo le “cose romane”, poiché in questo ambito lo riteneva incapace e riteneva opportuno non abbandonarlo per non far sgretolare “il sistema”». Ma la parte più interessante è un dialogo proprio su Albanese.
Montante: A destra e e non lo possiamo abbandonare anche perché combà ne vale si sgretola il sistema capito? non e e e l’unico che Io non so tu che rapporti hai l’unico che è bravo oltre a tia combà è Albanese
Amarù: Io sono d’accordo con te!
Montante: No che capisce no ca è veloci
Amarù: Non ci sono dubbi!
Montante: Poi cumbà un cinnè chiù!
Albanese, «l’unico che è bravo», uno «che capisce» ed è «veloce». Da oggi guiderà la nuova vecchia Confindustria Sicilia. Un predestinato. Per la storia; oltre che per Montante.
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