Come si dice medico in romeno? Mirellu Così a Enna la Dunarea sfida il ministero

Di Mario Barresi / 13 Ottobre 2015

ENNA. Come si dice “medico” in romeno? Mirellu. Il grande giorno è arrivato. La campanella suona alle 9,30. Ma lui è già qui da prima delle 8. Non sta nella pelle: gessato grigio con camicia azzurro elettrico e le celebri bretelle d’ordinanza. Saluta il suo staff, parla con i docenti. E accoglie gli studenti. Li accarezza col sorriso. Contandoli uno per uno, come pecorelle che entrano nell’ovile. In tutto sono 65. I primi iscritti al corso di lingua romena necessario per entrare nelle facoltà di Medicina e di Professioni sanitarie dell’ateneo “Dunarea de Jos” di Galati.

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Ma qui siamo a Enna, in un’ala dell’ospedale Umberto I. Non assieme alla locale università Kore, bensì in collaborazione con la fondazione “Proserpina”. Che poi entrambe significano un uomo solo al comando: Vladimiro Crisafulli; per gli amici (e i nemici) Mirello. Ex senatore del Pd, feudatario politico di Enna fino alla recente sconfitta da candidato sindaco, segretario provinciale del partito, «ma ancora per qualche settimana» e dopo «avrò tanto tempo per dedicarmi alla mia creatura». È destinato a un passo indietro Adelfio Elio Cardinale, presidente di “Proserpina”, ex preside di Medicina a Palermo e sottosegretario di Monti, già vicino al centrodestra. «Sua moglie potrebbe ambire a fare il procuratore a Enna, e lui non vuole conflitti d’interesse», confessa Crisafulli. Il riferimento è ad Anna Palma, ex pm a Caltanissetta e capo di gabinetto di Renato Schifani a Palazzo Madama. Come si dice “me ne fotto degli intoppi, parto lo stesso perché tanto io ho ragione” in romeno? Mirellu. Crisafulli va dritto come un treno. «A Roma hanno ricevuto informazioni sbagliate e sono certo che stanno cambiando idea». Perché «questa è un’università straniera che apre i suoi corsi in Italia».

Ma si può fare senza il via libera del ministero? «Sì, abbiamo le carte in regola – scandisce il Barone Rosso – perché una sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa equipara, nel cosiddetto “diritto di stabilimento”, le imprese alle università. Quindi chiunque può aprire ovunque». Ma i rettori di Catania e Palermo imbufaliti per i 120 posti all’“UniMirello” proprio nell’anno accademico in cui loro riducono le matricole? «Non dovrei rispondere a un rettore decaduto e a uno decadente, ma la verità parla da sola: sono stati loro a chiedere la riduzione alla Regione».

 

Ma gli studenti che hanno superato i test d’ingresso altrove, ora scandalizzati per l’accesso libero a Enna? «Un’altra cazzata: noi i test li faremo, regolarmente». Anche se con 60 posti a Medicina e altrettanti in Professioni sanitarie e rispettivamente 53 e 12 aspiranti sarà come lo spot “Ti piace vincere facile”. Ma la Regione che dice? «Io ho una convenzione firmata con Crocetta, del quale sapete cosa penso, ma gli devo dare atto che è stato il primo a crederci. E un’altra con l’Asp. Firmata, registrata. E conservata bene, perché se mi fanno storie c’ha fazzu custari quantu ‘a ‘Merica». Come si dice “non vedo l’ora di indossare il camice bianco” in romeno? Mirellu. I ragazzi (ma c’è anche qualche madre di famiglia, come Mariangela Colonna di Leonforte) hanno gli occhi che brillano.

 

Delizia Di Carlo e Valeria Basile hanno provato il numero chiuso altrove: non ce l’hanno fatta. «Ma abbiamo la medicina nel sangue, oltre che in famiglia, e amiche con esperienze in università romene, dove si trovano benissimo». Ma non vi sentite studentesse di serie B? «No, per nulla». Giuseppina Raciti, di Giarre, ha fallito per due anni il test a Catania. E adesso, «dopo sei mesi sabbatici in Belgio», è in Romania – cioè a Enna – inseguendo «il sogno che ho in testa già dal quarto anno di liceo». Fra gli aspiranti studenti ci sono anche «figli di deputati regionali, segno – gongola Crisafulli – che abbiamo fatto le cose per bene». Oltre all’erede di Giuseppe Picciolo (capogruppo del Pdr e odontoiatra con un’avviatissimo studio a Palermo), un’altra figlia d’arte: Giorgia Fiorenza. Suo padre, Dino, è dirigente medico e deputato Mpa. «Voglio fare medicina da quando ero in terza elementare. E a carnevale – ci rivela – mi vestivo col camice bianco. Avevo pensato di studiare all’estero, in Spagna o in Romania, ma adesso s’è aperta questa opportunità e l’ho colta».

 

Come si dice “imparerete in due mesi una lingua di cui non conoscete neanche una parola” in romeno? Mirellu. Da ieri in classe ci sono due docenti, Gina Necula e Alina Ganea (mille euro circa il loro stipendio in patria) affiancati dalla spigliata traduttrice Elena Bujor. Ma come faranno a dare agli studenti un livello tale da affrontare i quiz in lingua madre? «Italiano e romeno hanno le stesse basi linguistiche, la nostra esperienza ci dice che i vostri studenti imparano presto e bene. E poi li seguiremo sempre, per 4 ore la settimana». Sibila Crisafulli: «La facoltà di Palermo ha inviato 20 specializzandi nella stessa facoltà di medicina a Galati. Se loro possono seguire lezioni in romeno, perché “i miei” no? ».

 

Come si dice “il sogno si paga a caro prezzo” in romeno? Mirellu. Qui hanno già sborsato 2.200 euro per i corsi preliminari di romeno, pronti ai 9.400 euro di retta per Medicina e ai 4.800 per Professioni sanitarie. «C’è una convenzione con la Bcc di Regalbuto per un mutuo a tasso zero. Non ci saranno solo figli di papà», precisa Crisafulli. Che ha già in testa di «comprare la gran parte dei libri necessari», e di garantire «aereo, vitto e alloggio» per i già mitici «tirocini inRomania per studiare sui murtizzi». Ovvero: i cadaveri, per 21 giorni l’anno, sperimentazione vietata nelle facoltà italiane.

Come si dice “siamo–tutti–devoti–tutti” in romeno? Mirellu. Accanto a lui tutti i fedelissimi di sempre. Crisafulli sembra il “dott. prof. Guido Tersilli primario della clinica Villa Celeste convenzionata con le mutue” mentre passa in rassegna i suoi uomini. «Qui ci va la macchinetta del caffè, qui gli snack. In questa stanza ci mettiamo il macchinario, lì ci va il laboratorio». Tutti lo ascoltano, tutti obbediscono. Claudio Agozzino, tutor dei corsi; Giuseppe Arena, docente di diritto alla Kore e consigliere alla “Proserpina”; Giuseppe Petralia, urologo in pensione, ora in prima linea con i romeni. «È una vittoria della fantasia e della tenacia. Una vittoria di Enna, una vittoria di Mirello», dicono in coro. E poi l’inseparabile uomo–ombra: Mario Ricerca, con un enorme mazzo di chiavi per aprire e chiudere le porte della cultura medica in città. «L’idea, a Mirello, venne di ritorno da un viaggio in Romania: c’era l’aereo stracolmo di giovani. Tutti studenti. E lui pensò: ma perché anziché mandarli lì non facciamo venire tutti a Enna? ».

 

Voleva fare la convenzione col “Royal College” di Dublino, «ma ci voleva troppo tempo». Il progetto è chiaro: le poche iscrizioni di quest’anno s’impenneranno con il ritorno dei “cervelli in fuga” nelle facoltà romene. I quali, a parità di condizioni, studieranno in Sicilia. Una manna dal cielo: centinaia di migliaia di euro di iscrizioni. «Ma io – giura Crisafulli – non ci guadagno un centesimo, anzi per adesso ci ho rimesso risorse personali. Stiamo anche comprando il tavolo anatomico virtuale. Una botta da cinquantamila euro… Sarà un polo straordinario, per questo fanno di tutto per affossarci». Come si dice “non c’è due senza tre” in romeno? Mirellu. «L’ateneo di Enna è contrario al progetto? Io sono la Kore e che faccio una cosa contraria a me stesso? ». E rilancia: «Porterò un’altra facoltà straniera a Enna. Sarà in collaborazione con il sindaco di Centuripe», ovvero il suo caro nemico Elio Galvagno. A proposito: arriva la telefonata di Fausto Raciti, segretario regionale del Pd.

 

A Crisafulli si illuminano gli occhioni: «Fa’, tutto a posto: siamo partiti con i corsi di romeno. E chi ci ammazza, a noi! ». Lezione finita. Il primo giorno è soltanto un assaggio. Da oggi si farà sul serio. «Mi raccomando – incalza l’ex senatore – tutti qui alle 9,30. Sarà pure un’università romena, ma la puntualità dev’essere svizzera». Come si dice “i figli so’ piezz’e core” in romeno? Mirellu. Accanto a papà Vladimiro, i due pargoli: Maximilian e Malcom. «Ma qui per ora non ci sono stipendi per nessuno – si irrigidisce – e siamo tutti volontari per la gloria. Un giorno, quando i conti tornano, vedremo… ». E il Mirellone all’antica viene fuori in tutto il suo fragore quando qualcuno butta l’occhio furtivamente su docenti e dottoresse: «Vi faccio cascare le mani e pure qualcos’altro! Io sarò pure fituso, ma a certi valori ci tengo… Glielo dico a tutte le vostre mogli! Faccio la spia! Così come feci una volta con un mio collaboratore “bagasciaro”». Come si dice “se non ci fosse bisognerebbe inventarlo” in romeno? Mirellu.

twitter: @MarioBarresi

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Pubblicato da:
Redazione
Tag: Dunarea de Jos vladimiro crisafulli