Palermo – «Noi di Federconsumatori, così come tutte le associazioni di consumatori, siamo ancora alle prese per cercare di fare ottenere ai nostri assistiti i ristori – che saranno parziali – per i risparmi traditi dalle ex banche venete. Stiamo subendo un iter assai lungo e farraginoso. Quindi, sentire altre notizie di crac come quelle della Popolare di Bari e di Banca Base, assieme alle voci che arrivano dai mercati, desta preoccupazioni sul sistema bancario». A dirlo è Lillo Vizzini, presidente della Federconsumatori di Palermo, che, da un lato, ribadisce che «bisogna avere fiducia nel sistema Paese e nelle sue istituzioni»; ma, dall’altro lato, osserva che «la Popolare di Bari era una grandissima istituzione del Sud Italia, quindi il problema sono gli uomini che governano le istituzioni. Come fare a sapere se con le loro scelte agiscono negli interessi dei clienti oppure depauperano il patrimonio di una banca? La scelta su dove e come investire diventa davvero sofferta».
Come tutelarsi? Vizzini ha pochi dubbi: «Gli italiani hanno la tendenza ad essere “formiche”, a mettere qualcosa da parte per affrontare improvvisi problemi di salute o spese impreviste. Dove e come investire i risparmi? A parere nostro, o si ha fiducia nei grandi gruppi bancari che mostrano solidità, oppure si torna al passato e si depositano i soldi alle Poste. Non sui libretti, però, perchè superando i 5mila euro scattano tasse che erodono i minimi interessi che fruttano. Meglio i Buoni postali, garantiti da Cassa depositi e prestiti, e i cui interessi seppure bassi sono allineati a quelli del mercato».
Su un altro versante, quello dei lavoratori delle banche, arriva la difesa di Carmelo Raffa, coordinatore in Sicilia del sindacato dei bancari Fabi, il quale distingue le varie vicende: «Negli ultimi anni abbiamo assistito a crisi di alcune aziende di credito – premette Raffa – che hanno raggiunto il culmine con liquidazioni societarie e il contemporaneo subentro nell’attività di altri soggetti bancari. A rimetterci sono stati principalmente tanti clienti che avevano deciso di investire i propri risparmi in azioni e obbligazioni. I legislatori, tempo per tempo, sono intervenuti per tutelare la clientela ed evitare che subissero le forti penalizzazioni che sarebbero derivate dall’applicazione rigida del “bail-in”. I soggetti penalizzati, però, alla fine sono stati i detentori di azioni e obbligazioni. Gli azionisti spesse volte addirittura ci hanno rimesso tutto il capitale investito».
Ma come mai i clienti hanno rischiato rivolgendosi alle banche che dovrebbero non speculare, ma garantire i soldi dei clienti? Raffa non esita a scagliarsi contro chi gestisce le banche: «Esistono persone che amano il rischio per cercare di guadagnare il più possibile – analizza – e altre che si sono affidate alle banche solo per investire i risparmi in modo sicuro. Sulle prime c’è poco da dire. Mentre per tanti poveracci, pensionati, casalinghe che si sono affidati ai consigli delle banche c’è molto da discutere. Dalle varie crisi bancarie abbiamo potuto rilevare che gli amministratori, quando notavano che la propria banca era in difficoltà, imponevano al personale la vendita di prodotti discutibili e molto rischiosi, culminati con l’operazione “diamanti”. Dunque, il risparmio è stato tradito per colpa di un uomo o pochi uomini al comando. Amministratori – incalza Raffa – che decidono cosa imporre ai clienti e il personale obbligato a eseguire, pena il trasferimento o il licenziamento». Sembra quasi che non ci sia difesa da tutto ciò. Ma ultimamente qualcosa è cambiato: «La Fabi e gli altri sindacati si sono da tempo ribellati a questo modo di fare “cattiva banca” – riferisce il coordinatore regioanle del sindacato – e già nel protocollo del 2017 avevamo raggiunto un’intesa con l’Abi sulle politiche e pressioni commerciali».
Di fatto è stato introdotto un principio, che però va fatto rispettare. E a chi spetta questo compito? «È stato un passo importante – replica Raffa – , ma lo è molto di più il nuovo contratto nazionale di lavoro stipulato ieri in Abi, che recepisce nei proprio articoli il protocollo del 2017, conferendogli così ancor più peso, anche a vantaggio dell’immagine e della credibilità dell’intero sistema bancario. Ora bisogna costringere i banchieri – ecco la novità – a sedersi al tavolo per definire con noi le corrette politiche di vendita». Raffa lancia un appello finale: «Chiediamo alle lavoratrici e ai lavoratori che subissero “pressioni commerciali” di segnalarcele».