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La Catania che fu prima della “Grande Ruina”: «Assomigliava a Ortigia»

Prima della colata lavica del 1669 e del terremoto del 1693, era una città medievale cinta da mura cinquecentesche. Il racconto dell’ing. Salvatore Maria Calogero nel suo testo “Catania Barocca. La Marina (oggi via Dusmet)” edito da Agorà

Di Redazione |

Catania, prima delle distruzioni della colata lavica del 1669 e del terremoto del 1693, era una città medievale cinta da una cortina muraria cinquecentesca che, soprattutto dal lato di Castello Ursino, aveva un dislivello di 15 metri rispetto alla campagna circostante. «Era una sorta di Ortigia», racconta l’ing. Salvatore Maria Calogero nel suo testo “Catania Barocca. La Marina (oggi via Dusmet)” edito da Agorà.

Un testo, che attraverso documenti, piante e stampe, ricostruisce il volto della città com’era prima della “grande ruina” e come risorse secondo nuovi principi urbanistici e antisismici che ne fecero la più moderna città dell’Europa del tempo. Una storia della ricostruzione, questa di Calogero, particolarmente attenta agli stili architettonici, ma anche ai rapporti tra i vertici delle istituzioni civili e religiose e il popolo, rintracciata anche attraverso le controversie e i contratti d’acquisto.

La ricostruzione di Catania fu affidata a Giuseppe Lanza, duca di Camastra, che la condusse insieme all’ingegnere militare de Grunembergh insieme al quale tracciò i grandi assi viari perpendicolari della nuova città che risorse avvalendosi della consulenza di grandi architetti, quali, come per la chiesa di San Nicola all’Arena, Giovan Battista Contini, allievo di Bernini, allora già scomparso. Un piano urbanistico che obbligò alla demolizione di molte costruzioni che erano sopravvissute al sisma, tanto che il popolo diceva che la colpa della distruzione era «in parte di Dio, in parte di Camastra».

Sul fronte del porto le nuove costruzioni – nella prospettiva di ammaliare i visitatori – rispondevano al progetto di realizzare una sorta di teatro sulla marina, sul modello della “Palazzata” di Messina, poi distrutta dal grande terremoto del 1908. Questo rivela un’interessante supplica di Don Pietro Recupero, barone della Torre, che poi realizzò il suo palazzo sul fronte mare. E, in effetti, fu realizzata una cortina di monumentali palazzi aristocratici e religiosi edificati sulle mura di Carlo V con l’obbligo di lasciare libero un camminamento lungo tutta la fortificazione per consentire il passaggio e il controllo delle guardie. Obbligo rispettato soltanto nel primo periodo della ricostruzione e poi abbandonato nella seconda metà del Settecento, quando le condizioni politiche non rendevano più necessaria questa cautela. 

Una fase difficile e complessa, questa della ricostruzione, che l’ing. Calogero ricostruisce nel suo testo. Il primo ad essere edificato fu il palazzo vescovile, poi quello del barone Raddusa, seguito da quello del principe di Biscari e dal seminario arcivescovile. Palazzi che sorgevano sulle mura che, a loro volta, si affacciavano sull’acqua del porto che le lambiva. Le facciate degli edifici erano di colore bianco, mentre le sculture dei finestroni e dei balconi erano di pietra, di una gradazione di colore più scuro.

Nel Settecento l’intonaco non esisteva e il grigio era sotto la scialbatura bianca realizzata con calce liquida che poi, nel tempo, veniva dilavata dalle piogge, lasciando riaffiorare il colore sottostante. Dunque Catania appariva bianca, a differenza di quanto oggi siamo abituati a vederla oggi con i suoi forti contrasti tra grigio scuro e bianco. 

Particolarmente complessa è la costruzione di palazzo Biscari – il cui primo prospetto fu realizzato dal 1703 dallo scultore Antonino Amato – poi ampliato quarant’anni dopo dall’architetto Palazzotto in occasione del matrimonio di Ignazio il grande. Sul prospetto, sull’attuale via Museo Biscari, era prevista una loggetta, poi non realizzata, dalla quale ammirare il mare e l’Etna, mentre per lo scalone centrale era progettato un ordine di archi tripartito, poi eliminato per valorizzare il bel portale del palazzo. In questa fase fu costruito anche il piano terra del Museo del Principe di Biscari e, in seguito, furono realizzare le camere da letto sul mare, senza più rispettare l’allineamento arretrato rispetto alle mura. Nel 1772 il principe fece realizzare, sotto il grande salone del palazzo, un teatro aperto al pubblico cui si accedeva da una nuova porta sulla cinta muraria sulla marina. Nel 1760, inoltre, Ignazio Biscari aveva acquistato le sciare sul mare create dalla colata lavica del 1669 e aveva cominciato a progettare la realizzazione di Villa Scabrosa con viali percorribili dalle carrozze, arricchiti da vasi e piante, e la costruzione di due grandi vivai per pesci d’acqua dolce e d’acqua marina per garantire il pescato anche quando le condizioni atmosferiche non consentivano ai pescatori di affrontare il mare. 

Complessa anche la realizzazione del seminario dei chierici che fu demolito e poi ricostruito arretrato per allinearlo all’attuale via Garibaldi e per non ostruire la vista della facciata del Duomo. La sopraelevazione ottocentesca, poi, fu realizzata in stile manieristico. Complessa anche la ricostruzione della Cattedrale, affidata all’arch. Girolamo Palazzotto, per la quale il vescovo Riggio volle fare un concorso di idee. Basti pensare che la cupola centrale, pure ricostruita e ultimata, fu demolita nel 1792 e riprogettata secondo il gusto neoclassico, e non più barocco, su richiesta del vescovo Deodato.

Allora la balaustra che sorreggeva la cupola fu spostata sulla terrazza laterale. Il campanile fu realizzato nell’Ottocento. E Vaccarini, per realizzare la facciata del Duomo, dovette lottare trent’anni contro l’opposizione dell’aristocrazia locale che non apprezzava il progetto e ottenere prima l’approvazione dell’Accademia di San Luca a Roma e poi, nel 1757, quella del re con relativo ordine di realizzazione. 

Affascinante anche la storia della costruzione di chiese, strade e case sul mare lungo il versante sabbioso ricoperto dalla lava e nella direzione di Ognina. Ma questa è un’altra storia.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA