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“Gli invisibili”: le vittime della mafia raccontate da dietro una macchina fotografica

La mostra della fotografa Lavinia Caminiti che ripercorre le tragiche storie degli attentati mafiosi torna dopo il 2014 in piazza del Campidoglio

Di Marzia Apice |

 Luoghi maledetti e insanguinati, in cui la morte ha vinto, dove l’indifferenza e l’abitudine stanno cancellando la memoria dello scempio della mafia e dove ormai solo alcune lapidi, stancamente e nell’inconsapevolezza generale, fanno da monito a ciò che potrebbe ancora succedere.   Alla potenza del linguaggio fotografico è affidato il ricordo dei tanti strappati alla vita dalla criminalità organizzata nella mostra itinerante di Lavinia Caminiti dal titolo La mafia uccide, il silenzio pure. Gli invisibili ammazzati dalla mafia e dall’indifferenza, visibile tutti i giorni gratuitamente dal 7 al 30 novembre in piazza del Campidoglio

 La mostra, realizzata con la collaborazione del Procuratore della Repubblica Fernando Asaro, prosegue il suo viaggio iniziato nel 2014 e arriva a Roma proprio in occasione del trentennale degli omicidi dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Nel percorso, inaugurato questa mattina alla presenza del sindaco di Roma, del neo prefetto Bruno Frattasi e di centinaia di ragazzi delle scuole del luogo, trovano spazio, in una delle piazze simbolo della Capitale, le foto di tanti luoghi in cui si sono consumati omicidi di mafia immortalati così come sono oggi dalla Caminiti – con la gente indifferente, l’incuria e la sporcizia che offendono il ricordo -, accostate alle immagini e gli articoli di stampa (tanti de L’Ora, quotidiano di Palermo che con tenacia raccontò i delitti della criminalità) realizzati immediatamente dopo i tragici eventi.   "Credo nella topografia della memoria",afferma il sindaco Gualtieri durante l’inaugurazione, "la memoria è fondamentale nella lotta alla mafia. Vogliamo che attraverso la mostra si ricordi non solo quello che è avvenuto nella stagione dello stragismo ma anche la qualità dell’azione investigativa e repressiva e la mobilitazione che ha rotto il muro dell’omertà.

Continua con "Se lo Stato ha vinto alcune battaglie fondamentali, l’ultima cosa da fare è abbassare la guardia e la memoria ci serve per contrastare le mafie, presenti anche in questa città. La comunità deve essere parte attiva di questa battaglia. Stiamo cercando di fare il massimo per vigilare soprattutto per il Pnrr ma senza coscienza civica questa battaglia non può essere vinta". 

 Piersanti Mattarella, Pio La Torre, Peppino Impastato, don Pino Puglisi, accanto ovviamente a Falcone e Borsellino, sono solo i nomi più noti di una mattanza spaventosamente lunga che conta migliaia di vittime tra magistrati, poliziotti, carabinieri, giornalisti, politici, ma anche donne e bambini.

La mostra ripercorre le loro storie, in un emozionante quanto desolante itinerario fotografico della memoria ma anche della violenza mafiosa, seguendo quella scia di sangue che oggi rischia di essere dimenticata.

Ma questa virtuale mappa del terrore parte da lontano, dall’assassinio del poliziotto italo-americano Joe Petrosino, a Palermo nel 1909, fino all’uccisione del diciassettenne Genny Cesarano, avvenuta il 6 settembre 2015 nel rione Sanità a Napoli.

L’obiettivo è dunque risvegliare le coscienze, contrastare l’oblio, esaltando il valore dell’esempio di chi ha perso la vita facendo semplicemente il proprio dovere, nella convinzione che la quotidianità "non può inghiottire quei luoghi".

" È un’offesa nell’offesa", spiega Lavinia Caminiti,"i ragazzi devono sapere, ecco perché vado nelle scuole. Non servono altarini in quei luoghi di mafia, ma opere che raccontino le storie delle vittime"; "Non erano eroi, ma persone che hanno fatto il loro dovere", aggiunge Giuseppe Santalucia, presidente Associazione Nazionale Magistrati, "i linguaggi artistici servono per rinnovare la memoria di eventi che potrebbero accadere di nuovo. Noi dobbiamo coltivare la memoria di quegli esempi per essere un pungolo alle coscienze".

 Nella mostra anche le immagini dell’attacco mafioso allo Stato nel 1993, con gli attentati dinamitardi di Roma, alla Basilica di San Giovanni in Laterano e alla Chiesa di San Giorgio al Velabro (27 – 28 luglio), di via Palestro a Milano (27 luglio) e di via dei Georgofili a Firenze (28 maggio). Il percorso termina con un’ultima sezione dal titolo «Le rose spezzate», voluta dall’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), in riferimento ai 28 magistrati assassinati dalla mafia, dal terrorismo e per causa di servizio. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA