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LA RICORRENZA

Catania, l’Etna e l’eruzione del 1669: il paradosso della Giornata della memoria, la prima e (forse) l’ultima

Lo Stato ha impugnato la legge istitutiva perché non prevede la copertura di eventuali spese

Di Agatino Cariola |

«La Regione riconosce l’11 marzo quale giornata della memoria dell’eruzione dell’Etna del 1669 al fine di promuovere la conoscenza e la valorizzazione del patrimonio storico, culturale ed ambientale attinente agli avvenimenti legati all’eruzione dell’Etna del 1669». Così recita la legge regionale n. 8 del 1992, la cui prima applicazione è appunto oggi.

Le norme

La legge individua persino tanti luoghi che segnano il nostro ambiente: i monti Rossi e la chiesa madre di Nicolosi, il palazzo Bufali di Belpasso, la Madonna della sciara di Mompileri, le grotte di San Pietro Clarenza, Campanarazzu a Misterbianco, le chiese di Mascalucia, ed a Catania le sciare di Nesima, il bastione del Tindaro, il Monastero dei Benedettini, il castello Ursino, la grotta di scorrimento dell’Amenano, il pozzo di Gammazita, le lave di via Zurria e di via Plebiscito. Si prevedono iniziative da parte delle istituzioni regionali e locali, ma anche ad opera di imprese sociali e di enti del terzo settore, per mantenere la memoria della vicenda, ma anche per promuovere la scoperta del territorio ed approfondire la conoscenza del patrimonio storico, culturale ed ambientale dell’Etna.

L’attesa del verdetto

Si è detto che la legge, approvata nell’aprile dello scorso anno, vede oggi la sua applicazione. Potrebbe essere anche l’ultima, perché lo Stato ha impugnato la legge regionale perché non prevede la copertura delle eventuali spese; giorno 7 marzo la Corte costituzionale ha discusso sulla validità della legge e se ne attende tra qualche settimana il verdetto. Ed è un peccato che non vi siano di fatto iniziative a ricordare quella tragedia, che pure ha segnato la storia del territorio catanese assieme al terremoto del 1693.È strano il legame tra i catanesi – espressione che comprende qui anche tutti gli abitanti dei paesi etnei – ed il loro vulcano, al tempo stesso soggetto distruttore e fonte di vita, giacché tutto, a cominciare dall’acqua che beviamo, viene dalle viscere della Montagna.

Patrimonio dell’umanità

Nel 2013 l’Etna è stata proclamata quale sito Unesco patrimonio mondiale dell’umanità, a dimostrazione che il vulcano non è solo un luogo geografico o paesaggistico, ma è in maniera indissolubile legato alla storia ed alla cultura degli uomini che su esso hanno vissuto, hanno lavorato, hanno intrapreso iniziative o magari vi hanno perso la vita. L’Etna, in fondo, fa tutt’uno con le sue storie, con Polifemo che l’abitava con gli altri ciclopi, con Empedocle che per studiarla affrontò la morte, con Re Artù che scelse di farvi la sua reggia, per riferirsi alle leggende più antiche e certamente più belle. Da non sottovalutare che la potenza del fuoco non è affatto un motivo nuovo, se già i greci ed i romani riconoscevano nel dio Efesto-Vulcano il soggetto che poteva utilizzare il fuoco sia per distruggere che per costruire, primo interprete di una tecnica che al tempo stesso è prodotto dell’uomo, ma può anche finire per dominarlo.

Video da Youtube/Passione Etna

La storia

Di certo, però, la “storia” dell’Etna è la storia dei suoi popoli, dei primi abitatori della Sicilia e man mano di greci, romani, bizantini, arabi, normanni, francesi e spagnoli. È la storia dei monasteri benedettini che vi hanno impiantato ghiacciaie, frutteti e vigneti; la storia di generazioni di contadini che hanno continuato a lavorare terreni fertili, ma bisognosi di essere liberati dalle lave raffreddate. È l’arte delle nostre città costruite con pietra lavica; è la passione dei nostri nonni legati a queste terre, come nel prototipo di tutti noi, cioè quel padron ‘Ntoni attaccato alle sue radici.

Il legame

La giornata della memoria dell’eruzione del 1669 dovrebbe servire a far ricordare ai siciliani che sono solo custodi di tale patrimonio che non è nostro, ma spetta alle generazioni future. Salendo per le strade dell’Etna sembra che si sia rotto il legame tra la Montagna e le sue genti se queste l’hanno ridotta ad un’immensa interminabile discarica. Va detto con fermezza: chi butta rifiuti sull’Etna è un ladro, perché obbliga chi paga le tasse a provvedere a pulire i terreni dall’immondizia, ed è un assassino, perché distrugge un ambiente che non è suo, ma che deve restituire intatto ai giovani di domani.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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